
Quando la Global Sumud Flotilla aveva iniziato il proprio percorso diretto a Gaza, con a bordo attivisti, influencer e tanti rappresentanti del mondo della solidarietà internazionale, c’era stata una forte manifestazione d’interesse da parte di diversi sostenitori all’iniziativa. A Genova, dopo un lungo corteo serale (a cui aveva partecipato anche la sindaca del Pd Silvia Salis), i camalli avevano per l’occasione fatto una grande promessa: «Se qualcuno tocca la Flotilla, blocchiamo tutto».
L’intenzione era chiara: dare una risposta concreta da terra a sostegno della flotta di navi diretta a Gaza per aprire un corridoio umanitario e destinare beni di prima necessità alla popolazione della Striscia, «a un passo dal morire di fame» accusa l’Oxfam (tra i tanti).
La risposta “da terra” a sostegno del viaggio è quindi cresciuta durante la scorsa settimana, con diverse iniziative organizzate a Roma, in Italia e in tutta Europa. L’intenzione di seguire e supportare quanto detto dai portuali genovesi era sulla bocca di chi scendeva in piazza e ora, a una settimana di distanza da quella promessa (probabilmente fin troppo prima di quanto previsto), la volontà è di trasformare le parole in fatti.
Alle 22.31 del’8 settembre, ora italiana, un drone ha colpito la Familia Madeira, la Family Boat battente bandiera portoghese della Global Sumud Flotilla ancorata a Tunisi, in preparazione per il viaggio verso Gaza. Un colpo di avvertimento, che non ha ferito o colpito nessuna persona, ma che ha un forte valore simbolico volto a intimidire chi si sta muovendo con navi e attrezzature verso la zona occupata.
L’attenzione rivolta a questa missione era quindi molto alta, nonostante ci si aspettava almeno l'arrivo attorno alle acque nazionali israeliane. Dopotutto i toni si erano già resi molto tesi dalla risposta all’iniziativa da parte del governo israeliano, affidata alle parole del ministro della sicurezza nazionale Ben Gvir, che aveva minacciato di trattare «gli attivisti della Flotilla come terroristi».
Il colpo di “avvertimento”, preceduto da diversi droni avvistati attorno alle barche, è stata quindi la scintilla che ha dato il via a un veloce scambio di informazioni, decisioni e infine azione.
«Concentramento oggi - 9 settembre, ndr - alle 19.00 a piazzale Aldo Moro: apriamo i corridoi umanitari, rompiamo il blocco navale israeliano, fermiamo il genocidio del popolo palestinese», si legge nell’appello rimbalzato su tante e diverse piattaforme da movimenti e reti di solidarietà.
«Oggi saremo in piazza Aldo Moro per denunciare questo ennesimo crimine e per ribadire che non ci piegheremo di fronte all’impunità israeliana», si legge in un comunicato firmato dall’Associazione dei Palestinesi in Italia, seguita dal Movimento Studenti Palestinesi in Italia, Giovani Palestinesi in Italia, Unione Democratica Arabo Palestinese e Comunità Palestinese in Italia.
L’invito è per il 9 settembre, ma si estende anche a tutte le prossime iniziative: l’assemblea del 14 settembre e il corteo del 4 ottobre a Roma, da Porta San Paolo. «È il momento di costruire una risposta popolare forte, unitaria e determinata contro il genocidio in corso e contro il silenzio complice delle istituzioni», termina il comunicato.
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