Ennesima beffa per i residenti di largo Nino Franchelluccicolpiti dall’incendio avvenuto il 2 giugno 2023. A quattro mesi dall’invio dell’istanza per la revoca del sequestro delle facciate condominiali - propedeutico ai lavori di bonifica, rifacimento degli infissi e rientro a casa degli ultimi inquilini rimasti senza il loro appartamento - il Gip ha rinviato la comunicazione al pubblico ministero per il nulla osta. Risultato: a più di due anni dall’incendio e dopo diversi mesi dalla conclusione della raccolta di prove utili a decretare le responsabilità di quella tragedia, 14 famiglie non possono ancora tornare a vivere nelle loro case.
Chi, tra loro, si è ritrovato il 18 giugno presso il Tribunale di Roma per l’udienza preliminare ha quindi mostrato profonda incredulità e sconforto di fronte all’ennesimo rinvio. Un sentimento condiviso dal legale della parte lesa, Ivo Sangiorgio, che ha inoltre ricordato come la richiesta per la revoca del sequestro era stata consegnata già a febbraio, quattro mesi prima.
Meno grave per le sorti delle vittime è invece la decisione di rinviare la consegna della perizia al 20 ottobre e di aggiornare l’udienza al 12 novembre. La raccolta di prove in loco si è infatti conclusa e la consegna della perizia non è propedeutica al dissequestro, su cui si sono appunto già espressi in maniera favorevole sia il perito che la procura.
Sono diverse le responsabilità da accertare nell’incendio scoppiato il 2 giugno 2023 nei civici 73, 79 e 81 di largo Franchellucci, in zona Colli Aniene (IV municipio). Secondo una parziale ricostruzione della vicenda la scintilla sarebbe partita dal magazzino dei materiali del cantiere per il rifacimento delle facciate presenti nel piano pilotis tra i civici 79 e 81. Da qui l’incendio si propagò per l’intero edificio, raggiungendo gli ultimi piani, causando danni rilevanti alla facciata esterna - ma non strutturali. Tra gli abitanti del palazzo ci furono decine di feriti e un morto, Antonio D’Amato.
La triste vicenda che ha segnato la morte prematura dell’80enne originario di Velletri è tra i punti più rilevanti delle indagini. Avvertito l’incendio, infatti, l’uomo si sarebbe mosso verso l’ultimo piano, cercando di uscire in terrazza passando per la porta che separa la rampa di scale dall’aria aperta. A quanto risulta, però, da quella porta l’uomo non sarebbe potuto uscire dato che le impalcature poste esternamente ne avrebbero bloccato l'apertura.
Rimane inoltre ancora da accertare se ci sono delle responsabilità nelle tempistiche del cantiere e nell’utilizzo dei materiali per il cappotto termico. In merito alle tempistiche, i dubbi della procura riguardano la possibilità che la presenza massiccia dei pannelli nel magazzino improvvisato al piano terra possa aver favorito l’effetto che ha reso l’incendio così devastante. Al 2 giugno 2023 infatti solo su una parte dell'edificio erano stati applicati i pannelli isolanti, mentre i restanti giacevano (come giacciono tutt'ora) nel magazzino al piano terra.
Stessi dubbi sono stati inoltre sollevati sulla qualità dei materiali utilizzati per il cappotto termico, al tatto simile al polistirolo, composti in dei pannelli da una ventina di centimetri di spessore. Su questo punto, spiega il legale, «è stata fatta la comparazione dei pannelli con quelli già montati nella zona in cui non erano bruciati, poi sono stati prelevati e sono stati mandati a un laboratorio dei vigili del fuoco che hanno fatto le prove ignifughe». Rimane infine da capire come sia potuto scoppiare l'incendio, ovvero quale evento abbia portato alla propagazione delle fiamme in quel tragico pomeriggio di due anni fa.
Rimane inoltre un'altra gatta da pelare per i residenti di largo Franchellucci. I lavori in corso per il cappotto termico nei palazzi andati a fuoco erano stati decisi con l’intenzione di aderire al superbonus 110% che, però, richiedeva per la sua erogazione delle tempistiche chiare.
Tempistiche che, a causa dell’incendio, non si sono potute ovviamente rispettare. Nonostante gli incontri con il governo, quindi, il caso degli abitanti di Colli Aniene non è stato considerato come una causa di forza maggiore per cui si potesse chiedere una proroga o deroga (in una formula simile a quella per zone colpite da calamità naturali come terremoti o inondazioni). In sostanza, allo stato attuale della legislazione, il condominio non ha quindi possibilità di accedere al superbonus.
Questo significa che l'appaltatore può richiedere al condominio il pagamento delle opere fatte fino a 2 giugno di due anni fa, per un ammontare di circa un milione di euro totali. La questione rimane dunque aperta e solo tre ad oggi sono le possibili soluzioni: l'appaltatore chiede i soldi e il condominio lo salda; l'appaltatore non chiede i soldi e quindi le opere rimangono non pagate; l'appaltatore chiede i soldi ma il condominio ribatte con una domanda riconvenzionale per danni.
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