Sabato pomeriggio, nel centro di Roma tra il Senato e il Pantheon, 14 persone vicine a Ultima Generazione sono state fermate e condotte all’ufficio immigrazione di Tor Cervara. Secondo i racconti, si trovavano in strada con cartelli ancora chiusi nelle borse quando sono state bloccate da oltre 45 agenti.
Tra i fermati anche Serena, 39 anni, educatrice e professionista sanitaria, Alina e Beatrice, in sciopero della fame da dodici giorni. Le attiviste chiedono il riconoscimento del genocidio a Gaza da parte del governo italiano e la protezione della flotilla.
Gli attivisti raccontano di aver portato cartelli con scritte come «Faccio fatica a digerire un genocidio» e «Blocchiamo tutto». Tre di loro avevano piccole catene alla vita. Tutti sarebbero stati caricati su una camionetta e portati a Tor Cervara.
«Ci hanno portati in camionetta a sirene spiegate a 120 chilometri orati da Palazzo Madama - racconta Francesca, 26 anni, dottorando in fisica - . È stato spaventoso, non c’erano cinture ed eravamo continuamente sballottati. Solo quando una persona ha finto di vomitare gli agenti hanno rallentato».
Secondo le altre testimonianze, le celle erano sporche e prive di sedute adeguate: «Siamo state rinchiuse per quattro ore - ricorda Serena 39 anni -. Ero stanca e debole. Il vetro che ci separava dall’esterno era coperto di impronte, a terra c’erano coperte luride e polverose, sulle pareti macchie di sangue probabilmente di zanzare. Ho chiesto più volte di andare in bagno o di coprirmi, ma gli agenti hanno ignorato i miei richiami».
Alle sue parole fanno eco quelle di Maria Letizia ricercatrice 66enne: «Questa volta non ci hanno fatto aspettare nei corridoi come in passato, ma ci hanno chiuso in stanze luride e fredde. Ho riconosciuto dietro i vetri Beatrice - spiega -, in sciopero da otto giorni. Era pallidissima e tremava».
Tredici persone sono state denunciate per manifestazione non preavvisata. I fermati sostengono di non aver avuto modo di esporre i cartelli. «La cosa più snervante è stato il senso di arbitrarietà - precisa Aldo, attivista di 43 anni - Ci hanno detto che “è la procedura, facciamo sempre così”, ma non era vero. Eravamo solo persone che camminavano. Questo è un modo per intimidire». «Assurdo e illegittimo - aggiunge Lucio reporter di un’agenzia di stampa internazionale 58enne, nel definire il fermo: «Sono stato alzato di peso da terra e portato in cella fino alle 21.30. È un abuso di potere e una mortificazione inutile per l’ordine pubblico».
Tra i fermati anche Federica studentessa di 18 anni: «Finire in cella per camminare a Roma. Siamo stati tutti in questura per quattro ore e poi altre quattro per i fotosegnalamenti. Vi sembra giusto - domanda infine - prendere una denuncia per questo?».
Le testimonianze riportano condizioni di detenzione considerate intimidatorie, con celle sporche e perquisizioni accurate. L’operazione della polizia si è svolta mentre tre donne portano avanti lo sciopero della fame. Giulio 32 anni, architetto ricorda di aver «provato a sostenere le scioperanti» ma almeno 50 agenti erano schierati «per impedirci di arrivare alle istituzioni. Vogliono stancarci - chiosa -, soprattutto le più fragili, ma hanno sottovalutato la loro determinazione».
Non si ferma intanto la prostesta. Stamattina, intorno alle 10, le scioperanti Alina 36 anni, Beatrice e Serena, 39 anni, sono tornate davanti a Montecitorio. Le tre, al dodicesimo giorno senza cibo, hanno tentato di manifestare nuovamente per chiedere protezione alla Sumud Flotilla e il riconoscimento del genocidio da parte del governo Meloni.
«Siamo in apprensione - ha spiegato Alina, 36 anni parlando della missione della flotta Sumud verso le sponde di Gaza -. I volontari che sono salpati con la Flotilla sono in serio pericolo di vita. Chiediamo protezione e portiamo la nostra istanza davanti al Parlamento perché Israele continua con il suo terrorismo e il genocidio e l’Italia sta ancora a guardare. Lo Stato deve riconoscere il genocidio e interrompere qualsiasi accordo con Israele».
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