Roma, 17 novembre 2025
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Scavi alla Casa del Jazz, Orlandi: «Spero che lei non sia lì» e il figlio Adinolfi: «Per noi è un dolore infinito». Parla l'ex inquilino

Ripresi gli scavi alla Casa del Jazz di Roma nel punto indicato da scansioni recenti. Tra ipotesi sui resti del giudice Paolo Adinolfi, timori di Pietro Orlandi e testimonianze sull’esistenza di un vecchio accesso alle catacombe, la vicenda si riaccende dopo trent’anni

di Edoardo IacolucciULTIMO AGGIORNAMENTO 3 ore fa - TEMPO DI LETTURA 2'

Credit foto: La Capitale


Tra attesa e inquietudine, le operazioni di scavo alla Casa del Jazz sono ripartite nel punto esatto dove sabato sono state effettuate le ultime scansioni. Qui, secondo l’ipotesi dell’ex giudice Guglielmo Muntoni, potrebbero trovarsi i resti del magistrato Paolo Adinolfi, scomparso il 2 luglio 1994.

Scavi coordinati dalla prefettura e forze dell’ordine sul posto

Nel complesso sorto sulla villa che fu di Enrico Nicoletti, cassiere della Banda della Magliana, gli inquirenti stanno tentando di riaprire un tunnel sotterraneo mai esplorato e ritenuto murato da decenni. Sul posto operano carabinieri, gdf e polizia, pronti a intervenire qualora emergessero elementi rilevanti.

La voce degli Orlandi: «Io spero che non stia là sotto»

L’eco degli scavi ha toccato anche la famiglia Orlandi: «Ogni volta che si scava da qualche parte a Roma - commenta in diretta a Rai1, Pietro Orlandi - si pensa sempre ad Emanuela. Io spero che non stia là sotto». Ha ricordato l’ansia già provata per l’apertura delle tombe del Camposanto Teutonico e ha aggiunto: «A me sconvolgerebbe, ma se si arriva a quel punto sarebbe un passo avanti» conclude.

Orlandi ha rivelato l’incontro con una persona che gli avrebbe parlato di un ex magistrato convinto che «là sotto ci sono più corpi». E ha chiarito: «Non è mai arrivata la segnalazione che i resti di Emanuela potessero stare lì sotto». Poi il nodo più delicato: «Sarebbe molto inquietante se si dovessero trovare i resti di Emanuela lì e la villa era ancora in mano al Vicariato».

Il figlio di Adinolfi: «Speranza enorme, ma dolore infinito»

Fuori dalla Casa del Jazz, Lorenzo Adinolfi ha spiegato: «C'è solo da aspettare: noi siamo qui solo con una speranza enorme, ma per noi è anche un dolore infinito». Ha risposto con fermezza ai cronisti: «È mio padre, è normale che io sia qui».

Sulle possibili rivelazioni alla base dello scavo, ha ribadito: «Lo dovete chiedere agli inquirenti, noi siamo le vittime». E con amarezza ha sottolineato l’assenza di attenzione mediatica nel passato: «Spiace che solo dopo 30 anni vedo questo numero incredibile di giornalisti».

La testimonianza dell’ex inquilino, Franco Piacentini: «Una cantina portava alle catacombe»

Il quadro si arricchisce con le parole di Franco Piacentini, ex inquilino della storica Villa Osio: «Lì c'era una cantina, una trentina di scalini e c'era una scala che consentiva di accedere e poi si arrivava fino alle catacombe». Ha ricordato che la botola sarebbe stata chiusa anni fa e che «per me qualche cosa sotto ci deve essere».

Piacentini, che ha vissuto nell’edificio tra il 1948 e il 1968, ha descritto la cantina come un ambiente fresco dove «ci mettevamo le bottiglie del vino», ma anche come il punto di accesso a una grotta che conduceva fino alle catacombe.

Ora si attende di capire se dal tunnel murato emergerà finalmente un frammento di verità.

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