Roma, 10 ottobre 2025
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Tetti che crollano, sovraffollamento e salute precaria: le carceri romane al collasso rivelano un sistema più «abbandonico che educativo»

La vicenda personale di un’ex detenuta a Roma, raccontata su Instagram dalla food blogger Sofia Fabiani (nota sui social come Cucinare stanca), rivela la drammatica distanza tra l’ideale rieducativo della pena e la realtà post-carceraria

di Camilla PalladinoULTIMO AGGIORNAMENTO 8 ore fa - TEMPO DI LETTURA 3'

«Il carcere deve essere rieducativo e non punitivo, lo ripetiamo a sfinimento, sempre, ma se il carcere durante la detenzione non riesce a rieducare e dopo la detenzione non le sa accompagnare nella ricostruzione delle loro vite, allora i desidero che esca da queste vite». La vicenda personale di un’ex detenuta a Roma, raccontata su Instagram dalla food blogger Sofia Fabiani (nota sui social come Cucinare stanca), rivela la drammatica distanza tra l’ideale rieducativo della pena e la realtà post-carceraria. La narrazione prende spunto da un incidente: l'amica di Fabiani è stata investita da una moto mentre era sul monopattino, fratturandosi una gamba.

La donna ha scontato la pena per spaccio, un reato per cui è stata coinvolta come «semplice “operaia”» in un contesto difficile. Nonostante la sua volontà di ricominciare legalmente – con due lavori, alle pulizie ospedaliere e in un bistrot – la legge la condanna a misure accessorie come la revoca della patente e il divieto di espatrio per tre anni, in attesa di ottenere la «riabilitazione».

Fabiani critica aspramente questa logica, che impone un percorso a ostacoli senza un reale supporto: «Io, questa cosa della “riabilitazione”, non riesco a comprenderla davvero, proprio il termine». La ragazza è costretta a svegliarsi alle 3:30 e a percorrere ore di monopattino quotidiane in una borgata mal servita, perché «a piedi non puoi andare da nessuna parte» e la patente le è negata.

L'incidente la rende così vittima di un sistema che, secondo Fabiani, è più «abbandonico che educativo». Il post si chiude con un quesito amaro che riassume l’intera critica: «Come si arriva a essere considerati riabilitati se in quella direzione tu ci devi andare nel pericolo, con le tue sole forze, con la tua sola integrità». Il rischio non è solo fisico, ma quello di «riscivolare lentamente in quello che facevi prima» a causa di una stanchezza che «ti sfibra il cervello».

Il contesto romano: strutture fatiscenti ed emergenza diritti

La difficoltà del reinserimento è aggravata dalla crisi strutturale del sistema penitenziario della Capitale, evidenziata dall'ultima Relazione della Garante dei diritti dei detenuti, Valentina Calderone, presentata in Campidoglio lo scorso luglio. Nel documento viene denunciato un sovraffollamento che in alcuni istituti romani raggiunge picchi critici, minando il rispetto dei diritti fondamentali e la finalità rieducativa della pena. Una conseguenza diretta di questo degrado è il dramma dei suicidi, 61 in Italia dall’inizio dell’anno, con gli ultimi due registrati nel polo di Rebibbia.

Crolli e riconversioni: il futuro incerto di Regina Coeli

A rendere palpabile l'emergenza strutturale è stato anche il crollo di una porzione di soffitto di circa un metro quadrato, nella zona della seconda rotonda del carcere di Regina Coeli, giovedì 9 ottobre. Un incidente che ha reso necessaria l'evacuazione e il trasferimento di circa 300 detenuti. Il cedimento, dovuto a «travi interne tarlate e indebolite dall’umidità» in un edificio storico del 1654, è stato definito dal Garante del Lazio Stefano Anastasìa una «metafora delle condizioni del nostro sistema penitenziario».

L'episodio ha riacceso il dibattito sulla sorte dell'istituto. Il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ha visitato la struttura e ha ribadito con forza: «È un carcere obsoleto che va chiuso» e destinato a «monumento alla memoria», un’idea di riconversione già avanzata in passato anche dagli ex sindaci Rutelli e Alemanno. La tragedia sfiorata a Regina Coeli rende evidente che l’emergenza carceraria romana è un nodo che unisce la mancanza di sostegno al reinserimento con un degrado strutturale inaccettabile.

La risposta del Campidoglio

Per rispondere a questa emergenza, l'assemblea capitolina ha tenuto una seduta straordinaria nel carcere di Rebibbia lo scorso 23 settembre. L’iniziativa ha visto la partecipazione del sindaco Roberto Gualtieri, con l’obiettivo di ribadire che «le carceri non possono essere mondi isolati, ma devono essere parte integrante della città».

Durante la seduta sono stati approvati sette ordini del giorno per azioni concrete relative al diritto alla salute, al reinserimento lavorativo, allo sport in carcere, al miglioramento dei servizi di vita quotidiana, all’istruzione e formazione, alle visite familiari e al riconoscimento simbolico di Rebibbia come XVI municipio. Il primo cittadino ha inoltre sollecitato «urgenti interventi nazionali» per combattere il sovraffollamento, ritenendo insufficiente l'azione del governo centrale.

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