C’è una storia semplice, quasi una favola moderna, che ha per protagoniste un gruppo di ultra sessantenni romane e per palcoscenico le piazze della Croazia. È la storia di come la passione per le danze popolari possa trasformare un regalo di compleanno in un’avventura internazionale, mescolando emozione, incoscienza e la gioia di esserci, semplicemente.
Tutto ha inizio per una festa. Il 16 marzo, per gli ottant’anni di Paola, le amiche dell’Associazione CEMEA del Lazio – un gruppo di educatrici ed appassionate di educazione attiva – le regalano un viaggio.
Ma non un viaggio qualsiasi: doveva essere un’esperienza attinente alla loro grande passione, le danze della tradizione popolare. Così, quasi per gioco, individuano il “XXII International Music & Folk-Dance Festival” di Pula, in Istria, in programma dal 3 al 7 settembre. E, sempre quasi per gioco, decidono di non andare solo come spettatrici.
La prima sfida è stata: «Cosa balliamo?». In un festival internazionale, con gruppi professionisti da Polonia, Bulgaria e Romania, non si poteva che portare le danze italiane. Su un terrazzo del Nuovo Salario, tra una prova e l’altra, prendono forma tre balli: la Vanderina del Nord, la Tarantella Napoletana del Sud e una Quadriglia abruzzese per il Centro Italia.
Poi, la questione cruciale: l’abbigliamento. «Mica possiamo andare vestite così?», si chiedono. Ed ecco il genio collettivo all’opera. In una cantina si recuperano delle gonne, ma per i “cavalieri” – che in questo caso erano per lo più donne, dato che il gruppo contava solo due uomini su diciotto partecipanti – serve un’idea.
«Il problema era come distinguere le cavaliere dalle dame», ricorda Giovanni. La soluzione? Gilets fatti in casa. «Quanto ci vuole a fare un gilet?», si sono dette. Con stoffa damascata comprata in fretta, macchine da cucire e taglie approssimative, in pochi giorni creano la loro “divisa”, un simbolo dello spirito artigianale e dell’allegria del gruppo.
L’arrivo a Pula è stato un brusco risveglio. Ad attenderle, gruppi di giovani ballerini universitari, allenatissimi e con coreografie impeccabili. «Ci siamo sentite le vecchiette che andavano all’arrembaggio», racconta Paola.
Quella «assurda incoscienza» con cui erano partite lascia il posto a un momento di crisi. «Potevamo decidere di essere spettatrici e non protagoniste», ammette. Ma è proprio lì che il gruppo trova la sua forza. «Che ci importa della figura che facciamo?», si sono dette. Hanno deciso di ballare per il piacere di farlo, mettendo in piazza non l’abilità, ma la gioia del ballo.
E fuori dagli schemi di gara, è successa la magia. Quando è stato il loro turno, hanno presentato le loro danze con il sorriso. E quando, durante la quadriglia, hanno invitato il pubblico a ballare con loro, la distanza è svanita. «Le persone si sono sentite vicine a noi, coinvolte», ricorda Lorena.
Quei ballerini professionisti, inizialmente incuriositi da quel gruppo di “diversa età”, hanno cominciato a guardarle con attenzione, a seguirne i passi, a unirsi a loro nelle serate di ballo libero. «Quello è stato un momento bellissimo proprio di comunione», sottolinea Patrizia.
Per molte, questa esperienza è stata una rinascita. Angela racconta di come l’invito l’abbia aiutata a superare un periodo di immobilismo e tristezza dopo un incidente. «Ho sbloccato una situazione che si era un po’ incancrenita», confessa. E al ritorno, la voglia di fare non si è spenta. «Sono già proiettata verso nuove idee», annuncia Paola, mentre si parla già di un “anno prossimo” più consapevole.
La loro storia non è quella di una competizione vinta, ma di una sfida personale superata. È la prova che la danza non ha età e che il vero folklore non è nello spettacolo perfetto, ma nella capacità di creare comunità, di condividere un ritmo, di ballare sotto le stelle, con il cuore leggero di chi ha ancora tanta voglia di vivere.
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