Il fatto che l’area di cantiere dove dovrebbe sorgere il porto ‘crocieristico’ a Fiumicino (nella zona del faro e dei bilancioni) sia una «trappola sedimentaria» potrebbe comportare molti più problemi di quanti annunciati dalla Fiumicino Waterfront S.r.l, società del Gruppo Royal Caribbean che ha acquisito la concessione demaniale per realizzare il nuovo porto di Fiumicino.
Per chi conosce l’area da decenni, come gli attivisti del Collettivo No Porto, al Bilancione Occupato, le rassicurazioni della società sul dragaggio della sabbia proveniente dal Tevere ha un effetto straniante. Da quando infatti è iniziata la costruzione della diga foranea nel 2010 - la lingua di frangiflutti a nord del Faro -, la sabbia che prima la fiumara trasportava nelle spiagge di Fiumicino, Focene e Fregene ora si ferma lì, sotto i bilancioni. Se 10 anni fa proprio da quelle strutture ci si poteva tuffare, infatti, a oggi le stesse sono circondate da una spiaggia.
Il dragaggio di questa sabbia, assicura quindi la Fiumicino Waterfront, verrebbe effettuata seguendo delle previsioni ben definite che, però, potrebbero risultare sottostimate rispetto alla reale portata. Con l’intento di raccogliere dati indipendenti sullo stato dei fondali della baia, è quindi nato il progetto Shifting Sands, promosso dal collettivo Scienza Radicata insieme alla cooperativa velica transfemminista Seasters e all’associazione Ponentino.
L’intento rientra all’interno di una vasta serie di iniziative che la rete dei Tavoli del Porto sta portando avanti in analisi delle criticità del progetto della costruzione del nuovo porto turistico di Fiumicino, una tra le opere più ambiziose tra quelle previste per il Giubileo ma che, a quattro mesi dalla fine dell’evento annuale, ancora non vede nemmeno la posa della prima pietra.
Il progetto Shifting Sands si realizza attraverso delle giornate a cadenza mensili per un campionamento partecipato della profondità dei fondali della baia. Nella giornata dell’ultima rilevazione, il 9 settembre, i volontari hanno quindi misurato con sonar e strumenti di mappatura l’evoluzione dei fondali. «Quello che stiamo costruendo è un monitoraggio partecipato. Serve a dimostrare che i dragaggi previsti sono largamente sottostimati», spiega Claudio Passantino, biologo e membro di Scienza Radicata.
La differenza tra la conoscenza prodotta dal basso e le rassicurazioni ufficiali diventa così il terreno dello scontro. «Se le profondità cambiano repentinamente — aggiunge Passantino — la navigazione di grandi navi diventa un pericolo».
Pericolo che potrebbe riversarsi in particolare sul resto della costa laziale, sulla navigazione di grandi e piccole imbarcazioni, e che potrebbe rivelarsi una “trappola economica” non irrilevante: «Il nostro obiettivo è capire chi sosterrà i costi di manutenzione e dragaggio - continua a spiegare Passantino - e come verrà fatta questa manutenzione per mantenere questi livelli di fondale nel tempo».
Il monitoraggio è avvenuto a bordo di un’imbarcazione che, ritrovando le decine di punti di misurazione stabiliti nella prima uscita, ha controllato il livello di cambiamento della profondità dei fondali per stabilire come, di mese in mese, cambia l’apporto di sabbia proveniente dal Tevere nel fondale della baia.
Sulla questione del dragaggio delle sabbie trasportate dal Tevere nella baia del porto è intervenuto il 21 luglio scorso anche il sindaco di Fiumicino, Mario Baccini, in una lunga lettera dedicata a quelle che lo stesso considera le opportunità del progetto sul porto crocieristico.
Secondo il primo cittadino, lo spostamento del fondale «consentirà il riutilizzo di circa 1,6 milioni di m³ di sabbia, impiegati per il ripascimento e la stabilizzazione degli arenili. Questo intervento - si legge nella lettera - genererà un beneficio economico stimato in oltre 50 milioni di euro, oltre a migliorare la sicurezza e la qualità delle spiagge».
Nella lettera lo stesso Baccini però non interviene sulla questione sollevata dagli attivisti. Ad oggi, infatti, le rassicurazioni della Fiumicino Waterfront riguardano in particolare il dragaggio iniziale, un fatto tecnico inevitabile che richiederà di rimuovere dai 3 ai 12 metri di sabbia, a seconda delle zone.
Nonostante quindi la società, nei progetti presentati al Ministero e nelle relazioni di impatto ambientale, abbia previsto dragaggi iniziali per raggiungere la quota di 12 metri e la costruzione di canali di accesso, secondo attivisti e tecnici indipendenti manca chiarezza sulla manutenzione nel tempo. Nei documenti si parla di “interventi di gestione” ma non ci sono piani dettagliati, né stime credibili sui costi e sulla frequenza dei dragaggi successivi.
Claudio Passantino e gli scienziati di Scienza Radicata sostengono che il fenomeno della “trappola sedimentaria” generato dalla diga farà accumulare sabbia a velocità altissima: quindi il dragaggio dovrà essere continuo e molto costoso. È da qui che nascono preoccupazioni su quanto venga sottostimato il problema e, di conseguenza, la necessità di avere un’idea indipendente e imparziale sulla reale portata del fenomeno.
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