Dopo un’odissea lunga oltre mezzo secolo, la cosiddetta «Testa di Alessandro», pregiata scultura in marmo del I secolo d.C., è finalmente tornata in Italia. Il manufatto era scomparso in una data imprecisata del Novecento dall’Antiquarium del Foro Romano, per poi riemergere nel circuito dell’arte internazionale. A restituirlo al governo italiano è stata la procura distrettuale di Manhattan, al termine di una lunga e complessa indagine durata sette anni.
La restituzione segna la fine di una battaglia legale avviata nel 2018, quando la testa venne sequestrata alla Safani Gallery di New York, specializzata in antichità. Alan Safani, titolare della galleria, aveva acquistato l’opera nel 2017 in buona fede, ma i carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale ne avevano riconosciuto l’origine illecita grazie a una pubblicazione promozionale. Da lì, la lunga trafila giudiziaria, con Safani che ha richiesto un rimborso per la restituzione.
La «Testa di Alessandro», che secondo gli studiosi potrebbe raffigurare Alessandro Magno o un personaggio a lui ispirato, era stata originariamente scavata nei pressi della Basilica Emilia, nel cuore del Foro Romano. Dopo essere stata trafugata, ha attraversato diversi paesi: dal Cairo a Londra, fino a New York. Ora, dopo decenni di assenza, torna finalmente nel patrimonio pubblico italiano.
Il Console Generale d’Italia a New York, Fabrizio Di Michele, ha commentato: «Desidero esprimere la nostra profonda gratitudine all’Antiquities Trafficking Unit della Procura di Manhattan e al Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. La loro collaborazione estremamente efficace nella lotta contro il traffico illecito di beni culturali ha portato a una nuova, importante restituzione all’Italia di 31 reperti. Si tratta di oggetti rubati, scavati illegalmente o esportati clandestinamente, dal valore stimato di oltre 4 milioni di dollari e di inestimabile rilevanza scientifica e culturale per il nostro Paese».
L’operazione condotta dalla procura di Manhattan non ha riguardato solo l’Italia. Anche la Spagna e l’Ungheria hanno ricevuto beni culturali trafugati: due pendenti visigoti per la prima, e un raro manoscritto gesuita del XVII secolo per la seconda.
Per l’Italia, il rientro comprende anche una trentina di reperti archeologici, tra cui 61 frammenti di un cratere a colonna in terracotta, datato al 580 a.C. e attribuito al Pittore di Lydos. Il cratere era stato smembrato dai trafficanti per essere venduto in frammenti separati nel corso degli anni, strategia che ha reso difficile il ricongiungimento dell’opera.
Alcuni frammenti erano finiti in prestigiosi musei americani: prestati da Robin Symes al Getty Museum, donati da Robert Hecht al Princeton Art Museum, e da Jonathan Rosen al Metropolitan Museum di New York. Tutti sono stati confiscati dalla procura all’inizio del 2025.
L’operazione ha colpito nomi noti nel mondo del traffico illecito di beni culturali: Giacomo Medici, Giovanni Franco Becchina, Robin Symes, Robert Hecht, Eugene Alexander ed Edoardo Almagià. Le indagini hanno permesso di smantellare parte di una rete globale che, per decenni, ha depredato siti archeologici e alimentato il mercato nero internazionale dell’arte.
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