«Io sono una bomba a orologeria, ti sei scavata la fossa». È uno dei messaggi audio ascoltati oggi nell’aula del tribunale di Roma, dove si è svolta una nuova udienza del processo per il femminicidio di Manuela Petrangeli. Le registrazioni, inviate dall’ex compagno Massimo Molinaro, sono state presentate dai legali della parte civile come prova del lungo e sistematico comportamento persecutorio che la donna ha subito per oltre due anni.
L’uomo lo scorso 4 luglio aveva aperto il fuoco contro la sua ex compagna e madre di suo figlio uccidendola. Dopo aver ucciso Manuela in via degli Orseolo, a pochi passi dalla clinica dove lei lavorava, Molinaro si era presentato in caserma con il fucile a canne mozze ancora sporco di morte.
Manuela risponde, con voce spezzata: «Non c’è nessuno. Sei fuori controllo. Fatti aiutare. Non sopporto più tutto questo, soprattutto davanti al nostro bambino. Vergognati. Ti prego, smettila. Basta minacce. Voglio solo serenità per mio figlio». Ma ogni suo tentativo di fermare quell’ondata di odio finisce nel vuoto. Molinaro rincara: «Avrò la mia vendetta. E sarà terribile».
Gli avvocati della parte civile, Carlo Testa Piccolomini e Mascia Cerino, hanno portato in aula una selezione di messaggi audio per mostrare il clima che aveva creato l'ex e in cui Manuela viveva. «Abbiamo scelto quelli più emblematici – ha spiegato Testa Piccolomini – per far capire la gravità della situazione. È stata una vera escalation di violenza psicologica, durata due anni e mezzo».
Secondo gli avvocati , Manuela non ha mai denunciato per paura. Paura di peggiorare le cose, di esporre il figlio a ulteriori rischi, forse anche per un disperato tentativo di mantenere la pace. Ma il malessere era evidente, anche fisicamente. Nei pochi messaggi in cui riesce a rispondere, si sente tutta la sua esasperazione, la fatica di vivere sotto costante minaccia.
«La personalità di Manuela emerge con dolore da questi scambi – ha detto ancora Testa Piccolomini – Era una donna spaventata, isolata, consapevole del pericolo, ma impotente. Le sue parole, oggi, sono una testimonianza viva di cosa significa essere vittima di stalking. Speriamo che questo processo serva almeno a dare giustizia a lei e a suo figlio».
La procura di Roma contesta a Molinaro l’omicidio aggravato dalla premeditazione, lo stalking, la detenzione abusiva di armi e, per quest’ultima, anche la ricettazione.
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