Roma, 9 ottobre 2025
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«Inquinanti eterni» nelle acque minerali del supermercato: cosa ha scoperto Greenpeace Italia

Un’analisi di Greenpeace Italia rivela la presenza di TFA, un PFAS, in sei marchi di acqua minerale. Ferrarelle e San Benedetto risultano senza residui rilevabili

di Edoardo IacolucciULTIMO AGGIORNAMENTO 3 ore fa - TEMPO DI LETTURA 2'

Negli scorsi mesi Greenpeace Italia ha comprato in un supermercato di Roma sedici bottiglie di acqua minerale appartenenti a otto tra i marchi più venduti in Italia: Ferrarelle, Levissima, Panna, Rocchetta, San Benedetto, San Pellegrino, Sant’Anna e Uliveto.

Le bottiglie sono state inviate a due laboratori, uno in Germania e uno in Italia, per verificare l’eventuale presenza di PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche). Questi composti chimici sono chiamati anche «inquinanti eterni» perché resistono alla degradazione e restano a lungo nell’ambiente, accumulandosi nei corpi viventi.

Tra le sostanze analizzate c’era anche il TFA (acido trifluoroacetico), il PFAS più diffuso al mondo.

Ferrarelle e San Benedetto senza PFAS rilevabili

Dalle analisi è emerso che l’acqua Ferrarelle e San Benedetto Naturale non contenevano PFAS rilevabili: le concentrazioni sono risultate inferiori al limite di 50 ng/L, cioè la soglia minima che i laboratori possono misurare.

TFA presente negli altri sei marchi

Negli altri sei marchi analizzati - Levissima, Panna, Rocchetta, San Pellegrino, Sant’Anna e Uliveto - è stata invece trovata la presenza di TFA.

I valori più alti sono stati registrati in Panna con 700 ng/l, seguita da Levissima con 570 ng/l e Sant’Anna con 440 ng/l. I campioni di San Pellegrino hanno mostrato 350 ng/l, Rocchetta 360 ng/l e Uliveto 240 ng/l.

In nessuna delle bottiglie analizzate sono stati trovati altri PFAS appartenenti ai gruppi regolamentati dalla direttiva Ue sull’acqua potabile, né le sostanze PFAS-4 (PFOA, PFOS, PFHxS e PFNA), considerate tra le più pericolose.

Cos’è il TFA e perché se ne parla

Il TFA è una sostanza conosciuta da tempo ma studiata in modo più approfondito solo negli ultimi anni. È formata da una catena molto corta di atomi di carbonio ed è estremamente persistente: si trova nella polvere di casa, nel sangue umano e nell’ambiente.

Le autorità tedesche lo hanno classificato come «tossico per la riproduzione» e «molto mobile e persistente», cioè capace di diffondersi facilmente e di restare a lungo nell’acqua e nel suolo. Il TFA può formarsi anche dalla degradazione di altri PFAS rilasciati nell’ambiente.

Un problema diffuso in tutta Europa

I livelli di TFA trovati in Italia (tra 70 e 700 ng/l) sono simili a quelli registrati in altri Paesi europei (tra 370 e 3.300 ng/l). Nel 2024 la Germania ha presentato all’Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche) una richiesta per classificare il TFA come sostanza tossica per la riproduzione.

Se la proposta sarà approvata, il limite massimo consentito potrebbe essere fissato a 100 ng/l, in linea con la normativa tedesca sull’acqua potabile. Questo limite potrebbe poi essere esteso a tutti i Paesi Ue.

Nessuna risposta dalle aziende coinvolte

Greenpeace Italia ha inviato i risultati dell’indagine alle aziende proprietarie dei marchi in cui è stato rilevato TFA, per offrire la possibilità di commentare. «Nessuna delle realtà contattate ha voluto commentare», si legge nel report ufficiale.

Un segnale da non ignorare

La presenza diffusa di questa sostanza chimica nelle acque minerali non significa necessariamente un rischio immediato per la salute, ma rappresenta un campanello d’allarme. Greenpeace Italia ricorda che «è necessario smettere di contaminare le nostre acque e le nostre vite con sostanze pericolose o potenzialmente tali».

Perché i PFAS preoccupano Greenpeace

Secondo Greenpeace Italia, i PFAS rappresentano un pericolo concreto per la salute pubblica e per l’ambiente. «Queste sostanze vengono definite "inquinanti eterni" - spiega l'associazione ambientalista - perché, una volta disperse, si degradano molto lentamente e possono contaminare per anni acque potabili e coltivazioni».

L’esposizione a queste sostanze è stata associata a problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, oltre che a tumori al rene e ai testicoli e a impatti negativi sulla fertilità. Greenpeace ha inoltre documentato la presenza di PFAS anche in Lombardia, Piemonte e Toscana, dimostrando che «con i PFAS nessuno può dirsi al sicuro». Per questo l’organizzazione chiede al governo italiano di approvare una legge nazionale che vieti la produzione e l’uso dei PFAS, per arrivare a un futuro «#zeroPFAS».

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