Il piano strategico per il diritto all'abitare, il nuovo modello di welfare, l'acquisto di case popolari. Sono alcune delle azioni che il Campidoglio sta attuando per affrontare uno dei problemi più seri della città: 20mila famiglie attendono una casa popolare, 5mila persone ogni anno vengono sfrattate mentre sono decine le vertenze che riguardano gli stabili degli enti come l'Ater e l'Inps.
Intanto le case pubbliche scarseggiano: sono il 6 per cento sul totale ma le criticità sono molteplici e riguardano anche la classe media: solo 200mila immobili su 1 milione 4oomila sono affittati con contratti di lungo periodo. Ne abbiamo parlato, a giugno scorso - in occasione del documentario de La Capitale «Cercasi casa a Roma» - con l'assessore alle politiche abitative Tobia Zevi.
20mila persone in attesa per la casa popolare, assessore quali sono le principali azioni dell'amministrazione per abbattere la lista e velocizzare i tempi di attesa?
«Noi abbiamo approvato già nel 2023 il nostro Piano strategico per il diritto all’abitare: la prima delle quattro azioni di questo lavoro è comprare altre case e lo stiamo facendo: migliaia di case con uno sforzo eccezionale che vogliamo mettere a disposizione dei nuclei più fragili della graduatoria: sono circa 5mila i nuclei in grave emergenza abitativa«.
Le altre?
«Rigenerare palazzi abbandonati pubblici e privati e sviluppare, come abbiamo fatto, un nuovo modello di welfare abitativo che ci consente di aiutare le persone con del denaro nel momento in cui ne hanno bisogno. Poi far marciare l’agenzia sociale per il diritto all’abitare che abbiamo iniziato a costituire e che deve diventare uno strumento per favorire l'incontro tra offerta e domanda per il segmento meno in emergenza ma che oggi, comunque, non riesce a stare sul mercato: la classe media composta da studenti, famiglie, anziani, persone che hanno bisogno di un aiuto».
Case Ater, case Inps: da via Pincherle al Tufello sono aperte decine di vertenze che riquardano gli immobili degli enti. Sebbene il Comune non abbia una specifica competenza, come si sta facendo carico di un problema che riguarda migliaia di cittadini?
«Abbiamo pubblicato un bando per acquistare la casa dagli enti e dai proprietari che hanno sfrattato l’inquilino. Roma, chiaramente, non può rispondere da sola all’epidemia di sfratti che c’è in città: 5mila sfratti l’anno di cui oltre la metà per finita locazione, quindi non di persone che non pagavano. Occorre che si muovano anche il Governo e l’Europa e che ci sia un presa di coscienza sul fatto che la povertà abitativa non è più solo un problema di poverissimi ma è un problema che riguarda tutta la società. Servono innanzitutto risorse per comprare, costruire nuove case popolari e riqualificare le esistenti: Roma ha un deficit molto serio rispetto ad altre capitali europee. Ad esempio la Capitale ha solo il 6 per cento di case pubbliche sul totale mentre Milano ne ha il 20 per cento. Per questo servono risorse. Senza soldi non si canta messa».
Quello del diritto all'abitare è un tema che riguarda un bisogno primario delle persone. Lei, da amministratore, non sente la frustrazione di non riuscire a garantire una casa a tutte le persone che ne hanno bisogno?
«Da un lato potrei rispondere dicendo che la soddisfazione per ogni vita che riusciamo a migliorare grazie alle nostre azioni - l’assegnazione di una casa popolare, la possibilità di emanciparsi grazie ad un nostro intervento- ripaga tutte le nostre frustrazioni. Però penso che la risposta più sincera sia quella che potrebbe dare un medico, un chirurgo che di fronte al paziente non si mette soltanto nella posizione di chi soffre ma riesce anche a ricavarsi una distanza per poter essere efficiente. La sfida è trovare la giusta distanza: non si può essere sempre troppo coinvolti da un punto di vista emotivo per non andare in tilt, ma non si può essere neanche troppo distanti. Bisogna trovare la capacità di appassionarsi e immedesimarsi nella vita degli altri e di chi misura la qualità del tuo lavoro. Che poi non è la quantità di carte che girano sulla scrivania dell'assessore ma è quando la chiave gira, quella porta si apre e la persona può letteralmente cambiare vita».
(Intervista realizzata a giugno 2025)
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