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«Si muove la città»: il verso di Dalla ripreso dai tifosi del Bologna è una dedica d'amore a Trastevere

  • Edoardo Iacolucci
  • 5 ore fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Sciarpe, social, ovunque c'è scritto «Si muove la città», verso che squarcia e apre l'iconico ritornello del brano uscito nel 1980

si muove la città
Tifosi del Bologna a Roma (Fc Bologna)

«Questa sera così dolce che si potrebbe bere / Da passare in centomila in uno stadio / Una sera così strana e profonda che lo dice anche la radio / Anzi la manda in onda». Una delle più belle canzoni del miglior cantautore bolognese, Lucio Dalla, è stata ripresa in occasione della finale di Coppa Italia tra Milan e Bologna dai tifosi rossoblu.

Nulla di più giusto. Sciarpe, social, ovunque c'è scritto «Si muove la città», verso che squarcia e apre l'iconico ritornello del brano uscito nel 1980.


In realtà La sera dei miracoli è dedicata, come si capisce da principio a Roma, ma in particolare, a Trastevere. E nasce proprio lì, nel rione al di là del fiume, in una casetta al civico 7 di vicolo del Buco. È un ex magazzino trasformato in casa-studio dove, tra piante di geranio sul terrazzino e un pianoforte a muro, il cantautore bolognese trascorre una decina danni (quasi tutti gli anni Ottanta). Per quella casa passano amici e colleghi: Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Ron e gli Stadio.


La genesi: una notte d’estate e l’Estate Romana

Lucio Dalla racconta più volte la scintilla creativa: una notte d’estate, di ritorno dalle feste dell’Estate Romana di Renato Nicolini, passeggia su Lungotevere fra fuochi d’artificio, chitarre improvvisate e «gente ubriaca bene».

Rientrato a Trastevere, a casa, si siede al piano e, «di getto», trasferisce nei tasti di pianoforte quello che ha appena visto e sentito. Un energia che ha ancora dentro. Uno sciame umano trasportato per le vie inconsciamente come da una sapienza innata. Ne esce un capolavoro, un inno della vita notturna tra realismo - cani, bar, delinquenti di cui «non bisogna aver paura, ma stare un poco attenti» - e magia - «la città che galleggia e se ne va, anche senza corrente camminerà».


Trastevere in controluce

L'opera fotografa un luogo sospeso tra intimità domestica e spettacolo di massa. L'unione di più anime che non si annullano ma si trasformano. I «centomila in uno stadio», quello Olimpico che, all’inizio degli anni Ottanta, diventa uno dei centri di una nuova socialità con la recente nascita nel Cucs, uno dei più importanti gruppi del tifo internazionale. Il San Siro lontano anni luce che ospita gli accordi in levare di Bob Marley, impresso nei versi dell'amico Venditti. E via, alle spalle, l'angustia degli anni '70 che vedeva "processato" da Autonomia operaia un giovanissimo De Gregori al Palalido di Milano.


Dalla casa di vicolo del Buco, dalle strade strette con i panni appesi che diventano vele di un galeone, salpa una nuova era, un nuovo modo di vivere che naviga in cielo.


«Si muove la città»: da Trastevere a Bologna e ritorno

Trastevere e Bologna tornano insieme: dal verso «Si muove la città» - culmine di quel moto ondoso che attraversa tutta la canzone - è tornato a così a risuonare adesso, il 14 maggio, quando 30 mila bolognesi hanno invaso l’Olimpico per la finale di Coppa Italia. Sui cuori rossoblù campeggiava proprio quella frase, trasformata in coro identitario durante la cavalcata che ha portato il Bologna a battere il Milan per 1-0 e a sollevare il trofeo dopo 51 anni.

Un omaggio affettuoso al loro concittadino, ma anche un curioso corto circuito poetico.


Cardinal Zuppi, trasteverino e "bolognese"

Forse non è solo un caso che a pronunciare oggi un «forza Bologna», a metà tra un sussurro e un sorriso, sia stato proprio il cardinale Matteo Zuppi, a margine di un convegno organizzato dall’Alma Mater nell’aula magna di Santa Lucia - lo stesso nome della canzone di De Gregori che fece fermare Lucio Dalla in strada, in lacrime. Zuppi, romano (e romanista) di Trastevere, è oggi l’arcivescovo di Bologna.

Come Dalla, Zuppi conosce bene le persone, le storie, i vicoli che ispirarono La sera dei miracoli e quel senso di comunità che nasce tra i panni stesi e le piazze che si accendono di notte.


Oggi, da Bologna, guida spiritualmente una città che ha riscoperto l’orgoglio collettivo anche attraverso il calcio. E così tra l'«angelo» che fuma le marlboro e le parole del cardinale, si chiude un cerchio di emozioni che unisce due città e due luoghi distanti, ma uniti da un filo invisibile.


L’eredità di una notte

Quarantacinque anni dopo, La sera dei miracoli resta uno dei ritratti più limpidi della Capitale: non descrive monumenti, ma un’atmosfera in cui convivono sacro e profano, periferia e centro, silenzio e clamore, reale e magico.

E continua a generare segni: le sciarpe dei tifosi ricordano come una semplice notte possa diventare patrimonio collettivo. La «sera vola» ancora. E oggi una targa di travertino ricorda quel luogo e riporta i versi d’esordio della canzone: «È la notte dei miracoli, fai attenzione, qualcuno nei vicoli di Roma ha scritto una canzone».

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