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Il diario dal carcere di Gianni Alemanno: «Chi si lascia andare diventa un morto vivente»

  • Immagine del redattore: Rebecca Manganaro
    Rebecca Manganaro
  • 3 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

L'ex sindaco di Roma racconta la vita a Rebibbia: «Esperienza comunitaria, qui si ricicla davvero»

Gianni Alemanno
Gianni Alemanno

Un diario dal carcere. È così che Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, condivide quasi quotidianamente riflessioni e racconti sulla sua detenzione a Rebibbia, dove sta scontando una condanna a un anno e dieci mesi per il caso «Mondo di Mezzo». Attraverso i suoi collaboratori, l’ex primo cittadino affida ai social pensieri che spaziano dalla politica internazionale – con un sostegno a Donald Trump e attacchi a Benjamin Netanyahu – alla vita quotidiana dietro le sbarre.


L’ultimo post, pubblicato martedì pomeriggio, è dedicato proprio alla routine del carcere: «Nelle celle si vive un'intensa esperienza comunitaria, con i forti connotati romantici ed emozionali propri di tutte le vicende comunitarie. Tra i compagni di cella si condivide tutto, dalle derrate alimentari ai lavori quotidiani, dalle emozioni ai ricordi».


Alemanno descrive un sistema di regole non scritte ma ferree: chi ha più anzianità di detenzione diventa un punto di riferimento, indipendentemente da estrazione sociale o livello di istruzione. La vita in cella è scandita da abitudini precise, tra cui una «cultura del riciclo»: «Ogni pezzo di legno, ogni lattina, ogni elastico, viene utilizzato in modo geniale per risolvere qualche problema pratico di una vita a metà strada tra il campeggio e la caverna».


La cucina in carcere: «Meglio che a casa»

Alemanno dedica un passaggio anche alla qualità del cibo, sfatando il luogo comune della mensa carceraria scadente. Racconta di detenuti che si improvvisano cuochi, sfruttando fornelli da campeggio e ingredienti ricavati dal vitto giornaliero o acquistati tramite il «sopravvitto». In particolare, elogia le doti culinarie dei detenuti di origine calabrese: «I risultati, soprattutto nelle celle dove vivono detenuti calabresi, sono assolutamente al di sopra della media delle nostre case».


C'è anche spazio per l’aspetto umano della detenzione: il rispetto delle consuetudini, come il saluto costante tra compagni di cella e la solidarietà tra i detenuti. «C'è voglia di partecipare, non di tutti, perché c'è anche chi si lascia andare e diventa un morto vivente», osserva Alemanno.


L’attacco alla politica: «I detenuti credono ancora nelle istituzioni, ma vengono delusi»

Non manca nel diario di Rebibbia uno sguardo alla politica, con toni critici verso le forze di maggioranza e opposizione. Lo scorso 25 marzo, Alemanno raccontava un episodio inedito: «Giovedì scorso ho assistito a uno spettacolo senz'altro raro nelle celle di un carcere. Tanti detenuti, forse per la prima volta nella loro vita, ascoltavano intenti, attorno ai tavoli delle loro celle, la radio».

Non per seguire una partita di calcio o un talk show, ma un dibattito parlamentare sull’emergenza carceraria. «Nonostante anni di delusioni, davano ancora una volta credito alla politica, speravano in un segnale di attenzione per una situazione veramente indegna e insostenibile. Ma questo segnale non è arrivato».

L’ex sindaco non risparmia critiche alla destra, accusata di privilegiare la «linea securitaria della certezza della pena», né alla sinistra, che secondo lui ha reagito con «polemiche contro il governo»piuttosto che proporre soluzioni concrete.


La condanna e la revoca dei servizi sociali

Alemanno era stato inizialmente affidato ai servizi sociali presso la comunità So.Spe di Suor Paola, ma lo scorso 31 dicembre è stato arrestato per aver violato le prescrizioni del tribunale. Tra le infrazioni contestate, la partecipazione a incontri politici non autorizzati e la frequentazione di persone con precedenti penali.


Nel suo diario, l’ex sindaco racconta anche la delusione dei suoi compagni di cella dopo l'ennesimo nulla di fatto sulle riforme carcerarie: «Alla fine non è stato facile sostenere gli sguardi delusi dei colleghi di cella e di reparto, le domande “E allora?”. “E allora niente, non hanno capito nulla e non succederà niente, nonostante il Giubileo, gli appelli del Papa e della Cei, le denunce degli organismi europei, le esortazioni di tanti personaggi di rilievo” ho dovuto ripetere decine di volte».

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