Alla Festa del Cinema di Roma arriva un messaggio netto, firmato da decine di associazioni e collettivi: «Non c’è niente da festeggiare». L’appello, promosso da Venice for Palestine, chiede alle istituzioni culturali e alla filiera cinematografica italiana di schierarsi contro quella che viene definita «la complicità con Israele» e di ospitare «il dissenso al genocidio in corso».
Le organizzazioni firmatarie si dicono consapevoli che «l’inizio di un processo di pace non garantisca il rispetto del diritto internazionale di per sé» e invitano a non abbassare la guardia. «Vigiliamo affinché questa pace non sia solamente un colpo di spugna per cancellare i crimini contro l’umanità commessi da Israele, ma che riporti il mondo al rispetto del diritto internazionale e soprattutto a giustizia, restituzione, libertà e autodeterminazione per il popolo palestinese», si legge nella lettera aperta.
L’appello non riguarda solo la kermesse romana, ma tutto il comparto cinematografico nazionale. «Il gesto più concreto e urgente oggi è porre fine alla complicità con le istituzioni israeliane», scrivono le associazioni. La richiesta è quella di sostenere «il boicottaggio di film, autori, registi, produttori e rappresentanze coinvolti con le istituzioni israeliane che non denuncino l’apartheid e le politiche criminali del governo israeliano», fino a quando «Israele non comincerà a rispettare il diritto internazionale».
«Il cinema non è arte per l’arte: è responsabilità, è voce, è resistenza, è sguardo sulla realtà» affermano i promotori, sottolineando il ruolo politico e sociale della cultura.
Tra i firmatari figurano Aic, Aitr, Anonima impresa sociale, Anpi Roma, Apai, Apci, Arci Roma, Articolo 21, Artisti #nobavaglio, Artists for Gaza, Artists for Palestine Italia, Assopace Palestina, Bds Italia, Csoa Spartaco, Disability Pride Italia, Federazione italiana artisti, Gaynet, Global Movement to Gaza, Movimento degli studenti palestinesi in Italia, Rete #nobavaglio, Stop Rearm Europe Roma, Transform! Italia, Voci per la Palestina, Vogliamo tutt’altro e molti altri.
L’obiettivo, si legge nel documento, è «fare pressione sulle istituzioni affinché prendano posizioni nette e compiano gesti concreti» contro quella che viene definita «una sistematica violazione del diritto internazionale».
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