
A Roma il futuro della pensione non fa dormire sonni tranquilli. Secondo l’indagine dell’Osservatorio Look to the Future di Athora Italia, realizzata da Nomisma, più di un terzo dei cittadini della provincia (35 per cento) teme che la propria situazione economica peggiorerà una volta lasciato il lavoro. Insomma, il clima non è dei più sereni. Solo il 14 per cento immagina tempi migliori e il 51 per cento spera almeno nella stabilità.
Nel dettaglio, le ansie maggiori riguardano soprattutto l’arrivo di spese improvvise (26 per cento) e il timore di non riuscire a mantenere l’attuale tenore di vita (20 per cento). Anche la pensione pubblica divide. Per il 17 per cento conterà pochissimo, mentre il 19 per cento è convinto che sarà la colonna portante delle proprie finanze.
Sul fronte dell’età del ritiro, Roma mostra un mix di pragmatismo e rassegnazione. II 21 per cento pensa di posticipare la pensione, un altro 20 per cento ci ha fatto un pensiero ma non vuole farlo davvero, e il 59 per cento boccia senza esitazioni l’idea di lavorare più a lungo.
Malgrado l’incertezza diffusa, il 50 per cento dei cittadini non ha mai preso in considerazione una forma di previdenza complementare o non intende farlo. Eppure qualcuno si muove, infatti il 23 per cento ha già sottoscritto un prodotto, mentre il 13 per cento è sicuro che lo farà.
Tra gli strumenti preferiti vincono i fondi aperti (33 per cento), seguiti dai PIP (28 per cento) e dai fondi negoziali (18 per cento). Un 21 per cento è ancora in fase di «non so», che per il mondo della previdenza è praticamente una tradizione.
Per informarsi, i romani si affidano soprattutto al passaparola (38 per cento) perché niente batte l’opinione dell’amico «che ne capisce», e ai consulenti (34 per cento). Quando si tratta di firmare, invece, le banche restano il canale più battuto (30 per cento), seguite da assicurazioni (22 per cento) e consulenti finanziari (23 per cento).
A Roma la figura dell’esperto continua ad avere un peso importante. Il 57 per cento dei cittadini la considera molto o estremamente rilevante, apprezzandone in particolare trasparenza (56 per cento) e competenza tecnica (43 per cento).
Anche quando si parla di investimenti, i comportamenti sono variegati: il 39 per cento decide da solo, il 21 per cento preferisce affidarsi a un professionista, il 18 per cento alle banche e il 10 per cento ad agenzie assicurative o broker.
Interessante il capitolo ESG. Sette romani su dieci li considerano almeno in parte importanti, e per il 9 per cento sono addirittura un fattore decisivo.
Guardando al presente, il 34 per cento dei cittadini definisce la propria situazione economica buona o ottima, solo il 16 per cento parla di condizioni scarse o pessime. Sulla capacità di risparmio, il 56 per cento dice di cavarsela, mentre il 41 per cento la considera insufficiente.
Ma il dato davvero significativo emerge guardando agli ultimi due o tre anni: il 37 per cento ha visto peggiorare la propria situazione economica, e il 38 per cento dichiara un calo della capacità di risparmio.
Quasi tutti hanno conti correnti o depositi (96 per cento) e una buona fetta possiede immobili (76 per cento). Ma cresce anche l’uso di strumenti finanziari più complessi: fondi di investimento (24 per cento), polizze pensionistiche (23 per cento), obbligazioni (17 per cento). Le polizze vita a contenuto finanziario si fermano al 13 per cento.
Le scelte di gestione del patrimonio si basano su tre priorità quasi identiche: cogliere opportunità di guadagno (55 per cento), raggiungere obiettivi di vita (55 per cento) ed evitare la perdita di valore (54 per cento). Una ricetta che combina ambizione e prudenza.
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