Roma, 3 ottobre 2025
Cronaca di Roma

Un detenuto è stato massacrato di botte nel carcere di Rebibbia e ora è in coma

Si chiama Francesco Valeriano, ha 45 anni. Trasportato d’urgenza in ospedale, è stato sottoposto a tracheotomia e oggi lotta tra la vita e la morte. I responsabili del pestaggio non sono ancora stati identificati

di Edoardo IacolucciULTIMO AGGIORNAMENTO 1 mesi fa - TEMPO DI LETTURA 4'

È ricoverato in coma al Policlinico Umberto I di Roma Francesco Valeriano, 45 anni, ex cameriere di Fondi con problemi di tossicodipendenza, vittima di un pestaggio brutale avvenuto nel carcere di Rebibbia. L’uomo era stato arrestato per stalking nei confronti della moglie e inizialmente recluso a Cassino, dove aveva trascorso circa un mese e mezzo, prima di essere trasferito nella struttura romana.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il 30 giugno scorso Valeriano sarebbe stato aggredito da altri detenuti. Quando gli agenti lo hanno trovato, giaceva a terra in condizioni disperate, con gravi lesioni cerebrali. Trasportato d’urgenza in ospedale, è stato sottoposto a tracheotomia e oggi lotta tra la vita e la morte. I responsabili del pestaggio non sono ancora stati identificati.

Caso di Rebibbia, la denuncia del Sindacato di Polizia Penitenziaria

A denunciare la gravità della vicenda è il sindacato di Polizia Penitenziaria (Spp), attraverso le parole del suo segretario generale Aldo Di Giacomo, che parla di un caso destinato a pesare sull’intero sistema carcerario italiano.

«La vicenda di Francesco Valeriano, il detenuto tossicodipendente di Rebibbia, picchiato in carcere talmente duramente da essere ridotto alla stregua di un “vegetale”, è di una gravità assoluta e su di essa non può cadere il silenzio assoluto come sta accadendo da giorni» ha dichiarato Di Giacomo.

Un caso che ricorda la morte di Prato

Il segretario del sindacato di Polizia Penitenziaria sottolinea come questa aggressione ricordi un altro episodio avvenuto solo due settimane prima a Prato, dove «un detenuto rumeno di 58 anni è stato trovato morto e si continua ad indagare per omicidio». Due vicende che, per Di Giacomo, «richiedono risposte dovute non solo ai familiari dei detenuti ma all’intera opinione pubblica perché non si può derubricarle, allo stesso modo dei suicidi – già 46 dall’inizio dell’anno, a cui aggiungere 96 decessi per “altre cause”, di cui almeno una trentina in circostanze che ricordano il suicidio – per “eventi inevitabili”».

«Omicidi e pestaggi non sono eventi inevitabili»

Il segretario insiste su un concetto: omicidi e pestaggi non possono essere trattati come fatalità.«Non si può assolutamente considerare “inevitabile” un omicidio in carcere. La conclusione è che il sovraffollamento, come sostiene il ministro Nordio, sarà pure una forma di controllo per ridurre i suicidi ma evidentemente non evita gli omicidi».

Criminalità e violenze nelle carceri italiane

La denuncia si allarga al controllo della criminalità interna alle carceri, che secondo Di Giacomo continua a prosperare nonostante gli allarmi lanciati da anni:«Noi lo ripetiamo da troppo tempo: nelle carceri ci sono organizzazioni criminali che spadroneggiano, dal mercato della droga e dei telefonini sino al controllo della vita dei detenuti più deboli e alla violenza sessuale. Una situazione fuori dal controllo dello Stato».

Per il Sindacato di Polizia Penitenziaria, la gestione attuale delle carceri, definita da Di Giacomo come il «sistema Delmastro basato sul “tutto va bene”», non funziona.«Lo provano i 4 omicidi accertati negli ultimi due anni. Ancora: sono già più di 4 mila gli agenti penitenziari che sono stati costretti a ricorrere a cure dei medici per le aggressioni ormai quotidiane in un’estate “caldissima” con le alte temperature che amplificano il malessere dei detenuti. Una situazione che ci allarma tanto più in assenza di provvedimenti di intervento. Anzi – aggiunge – quelli assunti vanno proprio nella direzione contraria a quella che come sindacato di polizia penitenziaria abbiamo indicato da tempo».

Emergenza carceraria senza un piano complessivo

Infine, Di Giacomo evidenzia la mancanza di un piano complessivo per affrontare l’emergenza carceraria:

«Oltre alla non consapevolezza della politica sull’emergenza carcere, quello che continua a mancare - ha evidenziato Di Giacomo - è un piano complessivo di intervento per affrontare in maniera organica i problemi cronici di sovraffollamento, carenza organici, suicidi e morti per altre cause di detenuti, oltre che aggressioni e violenze al personale, rivolte, traffico di droga, diffusione di telefonini. Per noi - dice il segretario del sindacato - le misure da mettere in campo sono decisamente più complesse rispetto all’attuale situazione che vede lo Stato soccombere perché nelle carceri comandano sempre loro».

Il segretario conclude con un appello carico di frustrazione:«Ripetiamo: siamo stanchi a fronteggiare l’estate caldissima e- ha concluso - di pagare il pezzo più alto con il rischio di incolumità personale di responsabilità politiche e di governo».

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