Roma, 23 settembre 2025
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Dopo lo sfratto sequestrati dipinti e arredi storici all’Antico Caffè Greco

La sorte del Caffè Greco era appesa da anni a una causa tra i gestori e il proprietario dell’immobile, l’Ospedale Israelitico

di Redazione La CapitaleULTIMO AGGIORNAMENTO 3 ore fa - TEMPO DI LETTURA 2'

Lo sfratto per i gestori dell’Antico Caffè Greco in via dei Condotti , dopo 8 anni di contenziosi, era avvenuto lo scorso 1 settembre. E oggi i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) di Roma, insieme alla Soprintendenza Speciale ABAP, hanno dato corso a un decreto di sequestro dei beni mobili sottoposti a vincolo culturale.

Antico Caffè Greco, sequestrati dipinti e sculture

Tra i beni recuperati ci sono dipinti, sculture e oggetti di antiquariato di particolare pregio, dichiarati di interesse culturale e ritenuti inscindibili dalla sede che li ospitava da oltre due secoli.

Parte di questi arredi era stata trasferita dai gestori in due depositi privati, senza l'autorizzazione della Soprintendenza, esponendo così i beni al rischio di dispersione o danneggiamento.

Il provvedimento, disposto dal gip su richiesta della procura di Roma ha consentito di fare un nuovo censimento delle opere e di collocarle in depositi sicuri, in attesa del loro ritorno nella sede originaria e alla pubblica fruizione.

La sorte del Caffè Greco era appesa da anni a una causa tra i gestori e il proprietario dell’immobile, l’Ospedale Israelitico di Roma. Dopo oltre otto anni di battaglia legale, lo scorso luglio la Cassazione aveva reso definitiva la disdetta del contratto di locazione, scaduto nel 2017, riconoscendo all’Ospedale il diritto a rientrare in possesso della struttura.

I gestori avevano rivendicato la proprietà di parte dell'arredo

I gestori Carlo e Flavia Pellegrini avevano definito la decisione dello sfratto una sentenza «pilatesca», sostenendo di aver presentato un’offerta di affitto annuale superiore a quella prevista dal piano di risanamento dell’Ospedale, respinta però dal proprietario.

Proprio loro avevano motivato lo spostamento di parte dell’arredo con «ragioni di sicurezza legate all’impianto elettrico», rivendicando anche la proprietà di alcuni quadri e mobili.

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