
Si è spenta oggi a Roma, all’età di 73 anni, Anna Laura Braghetti, ex militante delle Brigate Rosse, protagonista di una delle pagine più controverse della storia italiana. Fu tra le responsabili della cosiddetta «prigione del popolo» in via Montalcini, dove Aldo Moro venne tenuto prigioniero per 55 giorni nel 1978, prima di essere assassinato. L’appartamento dove il presidente della Democrazia Cristiana trascorse la sua prigionia era formalmente intestato proprio a lei.
Condannata per il sequestro e l’omicidio di Moro, oltre che per l’assassinio del giurista Vittorio Bachelet e per altri episodi di sangue, la Braghetti trascorse 26 anni in carcere, durante i quali conseguì una laurea in Lettere e intraprese un percorso di riflessione sulla memoria, la violenza politica e la responsabilità individuale. Nel 1998 pubblicò con la giornalista Paola Tavella il libro «Il prigioniero», testimonianza personale di quegli anni e tentativo di comprendere le ragioni e gli errori di una generazione che scelse la lotta armata.
Alla notizia della morte, Giovanni Bachelet, figlio del vicepresidente del Csm ucciso nel 1980 dalle Brigate Rosse, si è espresso sulla questione: «L’ho conosciuta, le ho stretto la mano volentieri», ha dichiarato.
«Almeno dopo tanti anni di carcere, qualche anno da persona libera l’ha potuto vivere. Sia mio padre, che Aldo Moro, sarebbero contenti che l’articolo 27 della Costituzione sia stato rispettato: la pena deve rieducare e dare un’altra possibilità».
Un pensiero coerente con le parole pronunciate dal giovane Bachelet al funerale del padre, quando, appena venticinquenne, invitò i presenti a pregare anche per gli assassini: «Sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta».
Oggi, dopo quarantacinque anni, quella sua fede nella funzione rieducativa della pena resta intatta: «Quando la pena non è una condanna senza speranza, è un successo della nostra democrazia e della nostra Costituzione».
Tra i messaggi più intimi anche quello del fratello Gianluca Peciola, educatore e attivista sociale, che ha scoperto solo in età adulta di condividere con la Braghetti lo stesso padre: «È troppo dispari questo mondo, hai detto qualche giorno fa, mentre la malattia correva veloce. Diranno e scriveranno di te all’indietro, dove già non eri da tanto tempo. Perché stavi dove l’umanità chiamava. Ciao Lalla, ti voglio bene.»
Una memoria familiare e nazionale che si intrecciano, come raccontato da Peciola nel suo libro «La linea del silenzio», in cui ricostruisce la storia segreta dei due fratelli divisi dal tempo e dalla storia del Paese.
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