Roma, 26 settembre 2025
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Roma Tre rompe gli indugi e blocca nuovi accordi con gli istituti di ricerca israeliani. La Sapienza e Tor Vergata restano nel limbo

In Italia solo otto università hanno adottato misure simili, mentre a Roma restano posizioni differenziate tra Sapienza e Tor Vergata

di Giacomo ZitoULTIMO AGGIORNAMENTO 1 giorni fa - TEMPO DI LETTURA 4'

Il 17 settembre 2025 l’Università degli Studi Roma Tre ha approvato all’unanimità, in Senato accademico, una mozione che segna una svolta netta nelle relazioni internazionali dell’Ateneo. Il testo, basato sui principi costituzionali e sul Codice etico di Roma Tre, condanna le azioni militari condotte dal governo israeliano nella Striscia di Gaza, definite dalle Nazioni Unite e dalla Corte Internazionale di Giustizia come possibili crimini di guerra, contro l’umanità e, in alcuni casi, genocidio.

Il documento stabilisce che le strutture dell’Ateneo non stipuleranno nuovi accordi né manterranno intese in essere con università, enti di ricerca o istituti che abbiano espresso sostegno ufficiale alla campagna militare israeliana. Rimane invece aperto il dialogo con le istituzioni che condividono i valori di pace e rispetto dei diritti umani. La mozione ribadisce inoltre l’impegno a rafforzare iniziative di solidarietà, tra cui borse di studio e programmi linguistici per studenti palestinesi.

Una protesta che ha fatto da apripista

La notizia della decisione arriva a pochi giorni dalla protesta dei dottorandi del Dipartimento di Architettura che aveva rilanciato il dibattito interno, già acceso dopo la mozione approvata dal Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo.

Il Senato accademico ha dunque recepito questa spinta dal basso, trasformandola in un atto politico che pone Roma Tre tra le università italiane ad aver adottato provvedimenti concreti, ad oggi meno di dieci su 61 totali.

La notizia è inoltre giunta due giorni dopo lo sciopero del 22 settembre che a Roma si è trasformato in un corteo pacifico sfilato da piazza dei Cinquecento fino alla Tangenziale est e, infine, alla città universitaria de La Sapienza dove gli studenti hanno occupato la facoltà di Lettere.

Il confronto con Sapienza e Tor Vergata

Le richieste degli occupanti sono rivolte alla rettrice, a cui chiedono degli interventi più concreti di denuncia e la fine delle collaborazioni con le istituzioni israeliane.

La rettrice Antonella Polimeni, rispondendo a critiche interne e proteste, ha ribadito il sostegno a progetti concreti per studenti palestinesi – tra cui 16 borse di ricerca e programmi clinici per pazienti pediatrici di Gaza – ma ha escluso la rottura dei rapporti istituzionali con gli atenei israeliani. «Abbiamo condannato l’escalation militare, ma non intendiamo punire la libertà della ricerca», ha scritto Polimeni in una lettera aperta.

Diversa la posizione di Tor Vergata, che ha scelto di rafforzare l’accoglienza. L’Ateneo ha aderito al progetto nazionale IUPALS, portando da due a sei le borse di studio dedicate a studenti palestinesi. Quattro sono già state assegnate e gli studenti seguiranno corsi di economia, ingegneria e turismo. Il rettore Nathan Levialdi Ghiron ha definito il programma «un ponte di pace e di dialogo», ma anche in questo caso senza accenni a interruzioni di accordi con istituzioni israeliane.

L'altro accenno mancato nella lettera del rettore è destinata alle problematiche effettive del programma IUPALS dato che, ad oggi, le segreterie degli atenei trovano particolarmente difficoltoso riuscire a contattare gli studenti vincitori delle borse di studio.

L’Italia divisa tra fermezza e cautela

Il caso di Roma Tre si inserisce in un quadro nazionale ancora frammentato. Su 61 atenei pubblici, solo sette hanno scelto di sospendere accordi con enti israeliani, tra cui Torino, Palermo, Pisa, Padova e Firenze. Altri atenei, come Bologna e la stessa Roma Tre fino a pochi giorni fa, si erano limitati a condanne generiche e a iniziative di sostegno alla popolazione palestinese, senza toccare i rapporti istituzionali.

Oltre alle università, anche alcune società scientifiche – tra cui l’Accademia dei Lincei, la Società Italiana di Scienza Politica e la Società Italiana di Biochimica – hanno pubblicamente denunciato le violazioni del diritto internazionale. Ma i dati restano limitati: tre soli enti di ricerca pubblici (CNR, INGV e INAF) hanno visto mobilitazioni interne del personale, senza però decisioni ufficiali delle amministrazioni.

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