Alla Biennale dello Spazio Pubblico (BISP) organizzata presso la Facoltà di Architettura di Roma Tre, i dottorandi del XXXIX ciclo hanno scelto di trasformare una sessione accademica in un gesto politico.
Durante l’incontro dal titolo Tra separazione e relazione. Infrastrutture urbane per lo stare insieme: il cinema come strumento di analisi urbana, i giovani ricercatori hanno proclamato uno sciopero interno chiedendo maggiore coerenza tra i temi della Biennale – “insieme/together/juntos” – e la posizione ambivalente dell’istituzione universitaria sulle violazioni dei diritti umani in corso a Gaza.
La protesta si è spostata nei corridoi fino a irrompere nella sessione Centopiazze per Roma 30 anni dopo, in cui docenti e ospiti discutevano l’eredità del programma urbano ideato negli anni ’90 da Francesco Rutelli. Con una bandiera palestinese e cartelli che recitavano «BISP 2025, insieme, together, juntos, per una Palestina libera», i dottorandi hanno interrotto per alcuni minuti la conferenza, leggendo un breve discorso preparato da una collega.
«Interrompiamo oggi la conferenza per porre l’attenzione sul genocidio che sta avvenendo nel territorio palestinese – hanno dichiarato –. In un evento che parla di inclusione globale, non possiamo tacere. Siamo qui per ricordare l’importanza di esporre la propria posizione in merito ad un evento che coinvolge tutti come persone».
A seguire è stata quindi data parola all’architetta Razan Abudalu, fondatrice del Placemaking Palestinians Network, che ha lasciato la propria testimonianza, ringraziando i sostenitori dell’iniziativa.
L’intervento della giovane urbanista palestinese è stato accolto con attenzione, ma resta il nodo politico: Roma Tre prenderà mai una posizione più netta?
La protesta non nasce nel vuoto. Negli ultimi mesi, alcune università e centri di ricerca italiani hanno scelto di sospendere accordi con enti e istituzioni israeliane, mentre altre hanno preferito limitarsi a esprimere solidarietà. Secondo una ricerca in aggiornamento effettuata dalla testata dell’Università di Padova Il Bo Live, su 61 atenei pubblici, in sette hanno deciso di bloccare collaborazioni ufficiali.
Roma Tre, insieme all’Università di Bologna, si colloca in una fascia intermedia: non ha interrotto i rapporti con Israele, ma ha promosso iniziative di sostegno alla popolazione palestinese e condannato le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Il 4 settembre l’Ateneo ha diffuso un comunicato in cui ribadisce i propri valori di solidarietà internazionale e il sostegno a studenti e studentesse palestinesi fornendo alcuni aiuti tra cui delle borse di studio da 12.000 euro nell’ambito del progetto nazionale IUPALS – Italian Universities for Palestinian Students, corsi di lingua italiana per giovani palestinesi attraverso il Centro Linguistico di Ateneo e un accordo quadro di collaborazione scientifica con la Al-Quds University di Gerusalemme, sostenuto da un finanziamento europeo.
Un impegno che – osservano i dottorandi – non basta a colmare l’ambiguità di fondo: l’Università non ha ancora deciso di interrompere accordi con istituzioni legate allo Stato di Israele, come hanno fatto altre realtà accademiche. Il quadro complessivo resta quindi limitato: nel mondo accademico italiano le prese di posizione sono ancora una minoranza e l’inerzia prevale.
La protesta alla Biennale è un monito dei dottorandi rivolto quindi anche al proprio Dipartimento, affinché si prodighi per una condanna netta come, ad esempio, è stato fatto dai colleghi di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo.
In un testo pubblicato lo scorso 10 settembre, il Consiglio dipartimentale ha infatti approvato una mozione che condanna la «guerra genocida in corso nella Striscia», sollecita il cessate il fuoco e chiede di ripensare i partenariati scientifici che possano avere legami diretti o indiretti con la filiera bellica.
I dottorandi di Architettura chiedono che anche il loro Dipartimento si esprima in modo chiaro, rompendo il silenzio istituzionale e prendendo posizione non solo attraverso progetti di cooperazione, ma con un atto politico forte: rifiutare ogni collaborazione che possa implicare sostegno a pratiche di guerra o violazione dei diritti umani.
L’iniziativa intende quindi premere per la risoluzione di un paradosso in cui si instaura la posizione dell’Ateneo: da un lato promotore d’iniziative di solidarietà; dall’altro immobile nelle scelte di condanna.
Un atteggiamento che rivela la difficoltà delle istituzioni accademiche italiane a muoversi in uno scenario geopolitico complesso, ma che rischia di trasformarsi in immobilismo. Nel frattempo, a dare voce alla richiesta di una posizione netta restano soprattutto gli studenti e i ricercatori, che chiedono coerenza tra i valori dichiarati e le azioni intraprese.
Nel comunicato dell’Ateneo del 4 settembre, Roma Tre esprimeva infine «il proprio sostegno a tutte le iniziative umanitarie, civiche, laiche e religiose che forniscono aiuto alla popolazione civile di Gaza», augurando «buon vento alla Global Sumud Flotilla, iniziativa internazionale che intende rompere l’assedio di Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione civile».
Nel prossimo futuro, si legge, le «posizione pubbliche» adottate da alcuni Dipartimenti «saranno portate all’attenzione degli organi collegiali nella prima seduta utile» e non è detto che l’Università possa, infine, adottare una posizione di condanna più dura di quella avuta finora.
Se l’appello sollevato dai dottorandi di Architettura dovesse essere accolto dagli organi collegiali dipartimentali, il messaggio rivolto all’Ateneo potrebbe quindi risultare ancora più forte e deciso.
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