
(Foto di Camilla Palladino)
In via Baldassarre Longhena 98, nel cuore del XII municipio, un edificio abbandonato per anni è tornato a vivere. La vecchia scuola comunale, riqualificata grazie a un progetto Pnrr e trasformata negli ultimi anni in un polo di servizi sociali, da poche settimane ospita anche una nuova struttura di housing first, realizzata dal dipartimento capitolino alle Politiche sociali in coprogettazione con Nonna Roma, Arci Roma e Intersos. Un tassello fondamentale della strategia capitolina contro l’emergenza abitativa e la marginalità, in vista dell’inaugurazione ufficiale nei prossimi giorni insieme al sindaco Roberto Gualtieri.
All’interno dell’ex istituto scolastico – dove oggi trovano spazio una biblioteca, un centro anziani, una banca del tempo, una palestra e una sede della Protezione civile – sono stati ricavati cinque mini-appartamenti, quattro dei quali già occupati. La struttura può accogliere fino a 12 persone, con 12 posti letto distribuiti in unità autonome composte da due stanze, un bagno privato e un disimpegno con armadi. Completano gli spazi un grande salone con divani e tv, una cucina comune, una sala da pranzo e una terrazza.
Durante la visita de La Capitale, l’assessora capitolina alle Politiche sociali Barbara Funari ha spiegato l’origine e la filosofia della struttura: «Il municipio ha messo a disposizione questo piano, di questo immobile, per un progetto Pnrr housing first. Prima di tutto la casa, l’accoglienza attraverso spazi abitativi, un’accoglienza che, come questo divano e questi spazi, ci ricorda l’importanza di essere accolti in un contesto abitativo che è casa».
La struttura è attiva da poche settimane e sta già ospitando i primi nuclei: «Si tratta di un’esigenza che, da diversi mesi, hanno tante mamme con bambini o tante segnalazioni di chi finisce per strada, e nel nostro circuito tradizionale d’accoglienza, in cui abbiamo dei posti letto o solo per uomini o solo per donne, in questi luoghi possiamo accogliere in maniera bella, in luoghi appunto come casa, mamme con bambini e anche nonni», racconta Funari.
Il progetto rientra tra i nove interventi Pnrr dedicati all’housing first, con un investimento totale di circa 6 milioni di euro, come spiega a La Capitale l'assessora. «È uno dei nove progetti di housing first che abbiamo finanziato su tutta Roma, riqualificando immobili comunali, quasi più di 6 milioni di euro, soprattutto per i lavori e quindi per attivare e rendere questi immobili ormai abbandonati da tanti anni come case, un investimento che in prospettiva ci fa aumentare i posti di altri 220 posti su tutta Roma».
A regime, solo nel XII municipio saranno attivi 12 posti, mentre in tutta la città si arriverà a 215 nuovi posti entro fine anno, distribuiti in diversi territori: «Entro la fine dell’anno questi progetti Pnrr di housing first, quindi 215 posti in più, saranno aperti tutti e sono dislocati in diversi municipi. Oggi siamo in XII, avremo un posto ad Ostia in X, in IX municipio, a Boccea in XIII. Ecco, anche perché vogliamo un’accoglienza il più possibile diffusa e di prossimità in tutti i territori di Roma».
Funari ha chiarito anche la differenza tra questa struttura e le case di accoglienza tradizionali: «Il nostro circuito d’accoglienza prevede strutture più grandi e comunque sia dei centri collettivi in cui l’accoglienza è in posti comuni in cui si dorme nella stessa stanza ma non rappresentano una casa. Questo modello in cui noi crediamo molto è quello di proporre come prima proposta d’accoglienza il modello casa, molto efficace proprio perché è un’accoglienza temporanea e quindi chiaramente è un accompagnamento poi per accedere finalmente anche a un futuro autonomo».
Sul futuro, l’assessora conferma un obiettivo preciso: «Oltre oltre questi posti dell'housing first, apriremo altrettanti posti dentro le stazioni di posta che sono più in emergenza e quindi ci permetterà di avere ulteriori 100 posti entro la fine dell'anno della cosiddetta bassa soglia, quindi un'accoglienza simile a quella delle nostre tensostrutture, che stiamo tentando di tenere aperte oltre il Giubileo. Significa che Roma troverà anche dopo l'Anno Santo questi 250 posti in più che erano per ora solo temporanei ma che noi ci stiamo impegnando perché diventino il più possibile strutturati. Abbiamo e continuiamo ad avere l’ambizione che a Roma dobbiamo raggiungere l’implementazione dei posti almeno a fine mandato almeno di altre 500 unità».
Il progetto è gestito operativamente dalle associazioni coinvolte. Davide Merando, responsabile dei progetti di Nonna Roma, descrive così la struttura:
«È una struttura bellissima, nuova, in cui ospitiamo 12 persone di cui 7 sono minori. L'idea progettuale iniziale era quella di ospitare all'interno della struttura dei nuclei monoparentali femminili, per cui il target di beneficiari è quello di donne con eventuali minori a carico».
L’obiettivo è offrire un percorso reale verso l’autonomia: «Il percorso di progetto prevede una serie di attività verso un’accompagnamento alla fuoriuscita dai percorsi di assistenza sociale e quindi verso un’autonomia conclusiva, reale ed effettiva». L’accesso alla casa di via Longhena avviene attraverso la Sala operativa sociale: «Viene valutata l’aderenza della persona segnalata alle attività di progetto, all’impostazione della struttura e ovviamente agli equilibri della convivenza», spiega Merando.
Il progetto scadrà formalmente il 31 marzo, con un'eventuale proroga in caso occorra per il completamento delle attività e il reinserimento sociale degli ospiti, ma rappresenta solo l’inizio di un modello destinato a proseguire: «Da lì aprirà una nuova fase di coprogettazione per una continuità del servizio nel tempo».
Merando sottolinea la novità del modello: «Uno degli elementi distintivi è che appunto si tratta di una struttura in semi autonomia e quindi questo è un primo aspetto. Altri aspetti sono l’accompagnamento verso l’inserimento lavorativo, il supporto verso la fuoriuscita o l’orientamento sanitario».
La struttura, aggiunge, diventa anche un punto di collegamento con i servizi territoriali: «Queste strutture fungono un po’ da fulcro di raccordo con gli altri servizi presenti sul territorio del dipartimento e delle ats che fanno parte della coprogettazione».
Charlotte Cesareo, educatrice, racconta la vita quotidiana all’interno della casa. Gli operatori sono presenti dalle 9 alle 20: «Noi praticamente ci siamo la mattina. Li aiutiamo nel quotidiano, nel gestire il quotidiano, dal cosa manca, cosa va fatto, il rispetto dello spazio dell’altro».
Le attività educative, conferma anche Cesareo, puntano all’autonomia e all’inclusione: «Seguiamo le mamme nella ricerca di lavoro, nella formazione, o semplicemente fare un corso d’italiano perché l’obiettivo è uscire da qui e essere autonomi».
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