Due grandi contenitori di epoca romana, i dolia, sono stati recuperati mercoledì pomeriggio al largo di Gaeta dal motopeschereccio Attila II. I reperti, utilizzati nell’antichità per il trasporto e la conservazione di derrate alimentari come vino, olio e cereali, erano rimasti intrappolati nelle reti da pesca.
Il rinvenimento richiama un precedente del 2017, quando la stessa imbarcazione aveva portato in superficie due dolia datati tra il I e il II secolo d.C., oggi custoditi al Museo del Mare. Secondo gli esperti, la rotta incrociata dal peschereccio corrisponderebbe a quella delle antiche navi onerarie che trasportavano merci tra i porti del Mediterraneo.
Al recupero hanno assistito la Guardia Costiera e numerosi operatori portuali, con il supporto di mezzi civili e militari, fino alla messa in sicurezza dei manufatti nel piazzale dell’asta del pesce. Il sindaco Cristian Leccese ha seguito le operazioni dall’inizio alla fine, parlando di «grande commozione» davanti a una scoperta che «testimonia la vitalità dei traffici commerciali che hanno animato il mare del Golfo in un lontano passato».
La comunità cittadina ha seguito in massa l’evento, radunandosi al molo o collegandosi alle dirette web. «È stata una giornata speciale – ha aggiunto Leccese – in tanti si sono stretti in un grande abbraccio per questo importante evento».
Il Comune, in contatto con la Soprintendenza per i Beni Archeologici, ha avviato le procedure per la tutela dei reperti. L’intenzione è che anche queste due dolia possano essere destinate alla comunità e affiancare quelle già esposte al Museo del Mare, in via Annunziata.
Un legame particolare unisce questo ritrovamento alla memoria del comandante Giacomo Spinosa, scomparso di recente, che nel 2017 aveva guidato il recupero delle prime due dolia. Stavolta al timone dell’Attila II c’era il figlio Gianluca, in quello che il sindaco ha definito «quasi il compimento di una volontà arrivata da lassù».
«È una bella pagina per la nostra città – ha concluso Leccese – che fa parte della nostra storia e delle nostre origini».
Fonte: Agenzia DIRE - www.dire.it
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