Strage di Fidene, ergastolo a Campiti. Esclusi i ministeri tra i responsabili civili, parla un sopravvissuto: «Tradito dalle istituzioni»
- Edoardo Iacolucci
- 16 apr
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È quanto deciso dai giudici della Prima Corte di Assise di Roma, che oggi hanno emesso la sentenza per una delle vicende più drammatiche degli ultimi anni nella Capitale

Ergastolo con tre anni di isolamento diurno per Claudio Campiti, l’uomo colpevole della strage di Fidene avvenuta l’11 dicembre 2022.
È quanto deciso dai giudici della Prima Corte di Assise di Roma, che oggi hanno emesso la sentenza per una delle vicende più drammatiche degli ultimi anni nella Capitale.
Durante una riunione condominiale del consorzio Valleverde, tenutasi in un gazebo di un bar di via Monte Giberto, a Fidene, Campiti aprì il fuoco con una pistola regolarmente detenuta, uccidendo quattro donne.
I giudici hanno escluso come responsabili civili i Ministeri dell’Interno e della Difesa, così come l’Unione Italiana Tiro a Segno, in merito alla custodia dell’arma utilizzata dal killer.
È stata invece riconosciuta la responsabilità del Tiro a Segno Nazionale, circostanza che ha aperto la strada a ulteriori accertamenti: la Corte ha infatti disposto l’invio degli atti in Procura per valutare l’eventuale accusa di omicidio come conseguenza di altro reato nei confronti dell’allora presidente della Sezione di Roma del Tiro a Segno, già condannato a tre mesi.
Silvio Paganini, sopravvissuto alla strage di Fidene: «Tradito dalle istituzioni»
Tra chi ha vissuto quell’orrore in prima persona, è forte la delusione per la decisione di escludere i dicasteri tra i responsabili civili. Silvio Paganini, sopravvissuto alla strage e colui che riuscì a bloccare Campiti durante la sparatoria, ha dichiarato:
«Il fatto che il ministero dell’Interno e quello della Difesa non siano stati riconosciuti come responsabili civili mi lascia sgomento, non era quello che ci aspettavamo. Mi sento tradito dalle istituzioni».
Un sentimento condiviso da molte delle persone coinvolte, che da due anni attendono giustizia piena non solo nei confronti dell’esecutore materiale, ma anche nei confronti di chi, secondo loro, avrebbe dovuto garantire un maggiore controllo e prevenzione.
Con questa sentenza si chiude un capitolo giudiziario, ma resta aperto un dibattito civile e istituzionale sul tema delle armi, delle responsabilità e della tutela dei cittadini.