
Roma non smette mai di stupire: sotto l’ombra del Cupolone riparte la quarta edizione della Scuola delle Arti e dei Mestieri, promossa dalla Fabbrica di San Pietro in collaborazione con la Fondazione Fratelli Tutti. Un progetto che non è solo formazione tecnica, ma autentica trasmissione di una tradizione antica, e che mai come oggi stimola riflessioni

I più grandi capolavori artistici della storia dell’umanità sono stati espressione di doti e talenti geniali, ma anche frutto di un lavoro instancabile e di squadra di tantissime donne e uomini che hanno messo le proprie sapienti mani a servizio di un’impresa collettiva.
Proprio quella antica e sempre attuale sapienza può essere appresa anche oggi, grazie alla scuola delle arti e dei mestieri, e proprio nella fabbrica di San Pietro, fucina da secoli di opere che hanno segnato la storia del mondo.
Come spesso accade nella Città Eterna, ciò che sembra onirico è invece reale. Venti giovani studenti, selezionati per il loro talento, la motivazione e la voglia di imparare, inizieranno il percorso formativo con docenti altamente qualificati e maestranze storiche della Fabbrica di San Pietro. E lo faranno proprio dove i più grandi artisti hanno segnato la storia dell’arte mondiale per sempre.
Non sono tutti italiani: fra loro ci sono anche due giovani provenienti dall’Ecuador, che hanno deciso di venire fin in Vaticano per vivere una meravigliosa esperienza e mantenere viva la fiamma dell’arte.
La scuola, con il contributo della Fondazione Fratelli tutti, formascalpellini e marmisti, muratori, stuccatori e decoratori, falegnami,fabbri e per mosaicisti: nell’era della robotica, una visione quantomai prorompente e frutto di una scelta di senso. Perché le mani come terminale di un corpo tempio a servizio dello spirito, posso realizzare miracoli impensabili agli algoritmi.
A rendere ancora più prestigiosa questa scuola c’è un riconoscimento internazionale importante: la Scuola delle Arti e dei Mestieri ha vinto l’Europa Nostra Award 2025, nella categoria «Istruzione, formazione e competenze». Secondo la giuria, il progetto è esemplare perché unisce formazione artigianale, dimensione spirituale e accessibilità: un programma «olistico» che custodisce il patrimonio culturale europeo in un contesto gratuito e aperto ai giovani di diversa provenienza.
Nel colloquio con il segretario generale della Fondazione Fratelli Tutti, Padre Francesco Occhetta, emerge con forza un’idea che attraversa tutto il progetto della Scuola: in un tempo segnato dalla «modernità liquida», come l’avrebbe definita Bauman, formare giovani artigiani all’interno della tradizione plurisecolare della Fabbrica di San Pietro non è un gesto nostalgico, ma un atto profondamente contemporaneo. È, come dice lui stesso,
un modo per custodire il fuoco, non adorare le ceneri.
Occhetta spiega che da secoli le maestranze della Fabbrica generano una bellezza che «parla direttamente all’anima dell’uomo» e continuare oggi questa missione significa ricordare che il lavoro può essere ancora vocazione, cura, relazione. In un tempo che corre veloce e privilegia la superficialità, l’artigianato diventa non solo una scelta controcorrente, ma «una forma di missione evangelica: è l’elogio della lentezza, della qualità, della responsabilità». Cita anche Sennett, con quel passaggio che considera decisivo:
«Il buon artigiano desidera fare bene una cosa per il gusto di farla bene». E aggiunge che questo spirito è ciò che tiene rende la tradizione viva, «offrendo ai giovani un orizzonte di senso più ampio del semplice mercato».
Quando si parla del rapporto tra arte, mestieri e nuove tecnologie, Occhetta non mostra esitazioni: la tecnologia, ricorda, secondo tutto il Magistero sociale deve essere sempre a servizio della persona:
l’intelligenza artificiale può diventare alleata dell’artigiano se libera tempo, aiuta la diagnostica, permette la conservazione digitale dei mestieri e apre spazi creativi nuovi. Ma non potrà mai sostituire la mano, la testa e il cuore dell’uomo: la materia si lascia trasformare solo da chi la ascolta e la ama
L’Italia e Roma hanno fatto della sapienza artigiana un segno distintivo; oggi la sfida – conclude padre Francesco –
è integrare strumenti innovativi senza perdere l’anima della bottega. L’uomo può (e deve) fare la cosa più importante: unire tradizione e innovazione, mettendo la tecnologia al servizio della dignità del lavoro e della bellezza. È così che il sapere artigiano non scompare, ma risplende.
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