
Una frase pronunciata dal sindaco Roberto Gualtieri, durante gli «Stati generali della bellezza» organizzati da Ali (Autonomie locali italiane) a Cava de’ Tirreni, ha acceso un’aspra polemica politica nella Capitale. Al centro del dibattito, le condizioni delle periferie romane e le responsabilità storiche di chi le ha amministrate. «Io lo dico sempre: dicono “Roma è la città più bella del mondo”, ma io dico “guardate che le periferie romane fanno schifo. C’è un livello di bruttezza inaudito, aivoglia a lavorare”», ha detto il primo cittadino durante il suo intervento, sottolineando la necessità di portare la bellezza anche nei quartieri più degradati: «Voglio che tutto sia bello: marciapiedi, alberi, parchi, spazi pubblici. Non solo palazzoni».
Parole che hanno provocato una reazione immediata e furiosa da parte del centrodestra. Per Paolo Trancassini, deputato di Fratelli d’Italia, il sindaco «ha offeso migliaia di cittadini che vivono con dignità e spirito di comunità. Se oggi le periferie romane sono in difficoltà, la responsabilità è soprattutto sua, che da tre anni governa la città».
Sulla stessa linea Forza Italia, che ha definito il linguaggio del sindaco «puerile». Secondo i consiglieri capitolini del partito, «non sono le periferie a fare schifo, ma i servizi pubblici gestiti male: strade rotte, verde incolto, marciapiedi sporchi. Il problema è l’amministrazione Gualtieri, non i cittadini di Tor Bella Monaca o San Basilio».
Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Cultura della Camera, ha colto l’occasione per rilanciare un attacco ideologico: «Finalmente anche Gualtieri riconosce i disastri urbanistici del passato, opera di architetti comunisti ispirati al modello sovietico. È ironico che sia proprio un sindaco post comunista a denunciare quanto si viva male nei palazzi alveare costruiti dalla sinistra». Mollicone ha poi rivendicato una visione alternativa «ispirata agli stilemi della tradizione italiana, come nel progetto affidato a Leon Krier per Tor Bella Monaca, poi bloccato dalla sinistra».
A contrastare il fuoco incrociato del centrodestra nella polemica sulle periferie è intervenuto il Partito democratico. Valeria Baglio, capogruppo del Pd in Campidoglio, ha accusato la destra di strumentalizzare le parole del sindaco: «Gualtieri non ha attaccato i cittadini, ha fotografato una realtà e indicato un obiettivo chiaro: colmare i divari storici con investimenti reali. La destra parla, noi lavoriamo».
Dello stesso avviso anche Svetlana Celli, presidente dell’assemblea capitolina, che ha denunciato una polemica «basata su frasi decontestualizzate. Il sindaco ha parlato con onestà di un problema strutturale e del lavoro enorme che questa amministrazione sta portando avanti per superarlo». Celli ha ricordato «gli interventi di rigenerazione urbana a Tor Bella Monaca e Corviale, i piani Pinqua e Pui, e l’istituzione – per la prima volta – di un assessorato dedicato alle periferie».
Proprio l’assessore capitolino alle Periferie, Pino Battaglia, è intervenuto nel dibattito per chiarire lo spirito delle parole del sindaco: «Peccato che la destra non sappia leggere le provocazioni al contrario. Il sindaco non ha criticato le periferie, ma ha voluto lanciare una sfida ambiziosa. È esattamente l’idea che ho condiviso con lui quando, su sua proposta, ho assunto la delega alle periferie. La nostra è una visione che vuole restituire anima a quei territori che altri hanno disgregato. Se il sindaco non credesse in questa sfida, la mia delega non esisterebbe».
Battaglia ha invitato ad andare oltre le polemiche e a coinvolgere i cittadini in una «discussione pubblica che li faccia sentire parte della sfida. Se una provocazione sarà utile a questo: ben venga!».
A chiudere il fronte progressista è Sandro Petrolati, capogruppo di Demos, che ha definito l’attacco della destra «un espediente elettorale. Mentre loro cercano visibilità, noi mettiamo in campo cantieri e risorse dopo anni di immobilismo».
In effetti, proprio Gualtieri ha chiarito durante il suo intervento che la rigenerazione delle periferie non è solo una questione estetica, ma una sfida culturale e politica: «La bellezza è inclusione, uguaglianza. Se manteniamo la distinzione tra centri curati e periferie abbandonate, creiamo frustrazione e disuguaglianza sociale».
Al di là della polemica, resta un dato oggettivo: negli ultimi anni l’amministrazione ha avviato cantieri attesi da decenni, sbloccato fondi nazionali ed europei, e aperto una discussione pubblica sulla trasformazione urbana delle aree più fragili di Roma. Un percorso lungo, certo, ma che – come dimostrano i progetti in corso – non si è fermato agli slogan.
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