
All’indomani della prima giornata degli Stati Generali della Salute del Lazio, prende forma il dibattito politico sulle liste d’attesa. Il consigliere regionale e responsabile Welfare di Azione, Alessio D’Amato, ha contestato i dati diffusi dal presidente Francesco Rocca, parlando di «rinunce abnormi» e di una modalità di prenotazione che «produce scarsa trasparenza e aumento delle disuguaglianze».
Secondo D’Amato, l’attuale sistema basato su un unico ambito regionale di garanzia comporterebbe che le prestazioni vengano offerte «a decine di chilometri di distanza», inducendo molti cittadini a rinunciare alla cura. Le rinunce, ha aggiunto, «scompaiono dalle statistiche ufficiali facendo risultare tempi di attesa più bassi».
D’Amato sostiene che l’ambito ottimale debba tornare «al distretto sanitario della Asl», come previsto dal Piano nazionale di Governo delle Liste d’Attesa. Il modello regionale, afferma, «colloca il Lazio ben oltre la media nazionale per rinunce alle cure: il 12 per cento, secondo Istat».
Una situazione che, secondo il consigliere di Azione, si riflette anche sulla spesa privata: «Il Lazio è ai primi posti nazionali, con 852 euro pro-capite nell’ultimo anno».
Nel corso degli Stati Generali della Salute, il presidente Francesco Rocca aveva rivendicato gli interventi di sistema e annunciato una revisione degli ambiti di garanzia a partire da gennaio, passando dall’unico livello regionale a un livello territoriale.
Tra i dati indicati da Rocca, anche l’incremento delle prestazioni gestite dal Recup, passate «da 2,5 milioni nel 2022/23 a 6 milioni oggi» — con l’introduzione di un sistema sanzionatorio per contrastare le mancate presentazioni agli appuntamenti fissati, quantificate in 160mila ogni anno nel Lazio.
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