È davanti alle telecamere di Prime Video Sport che Francesco Totti apre il cassetto dei ricordi. Nel nuovo episodio di «Fenomeni», il format condotto da Luca Toni, la leggenda giallorossa ripercorre la sua carriera: gli esordi, i successi, i rimpianti e le scelte di cuore che hanno definito la sua storia. L’intervista di Prime video sport, insieme alle puntate dedicate a Buffon, Vieri, Bonucci, Nesta, Sneijder, Crespo, Adriano e Di Natale.
«Quando avevo 12 anni venne Braida a casa della mia famiglia e offrì 160 milioni di Lire per portarmi al Milan. Mia mamma mi voleva proteggere e voleva che restassi a Roma, per cui non si fece nulla». Così Totti rievoca il primo bivio della sua carriera. Nel 2004, poi, sfiorò il passaggio al Real Madrid, ma decise di restare: «È mancata solo la firma, ma sono stato io a non metterla: è prevalso il cuore e l’amore per la gente di Roma».
Opportunità ne arrivarono ancora, dagli Stati Uniti e dal Torino, ma Totti non tentennò: «La mia scelta è sempre stata Roma o Roma. Qua sono nato e qua muoio. I miei record potranno essere battuti in campo, ma superare il legame con la gente è impossibile».
La voce è intensa quando parla del 2001, l’anno dello Scudetto: «Non ho vinto uno Scudetto, ho vinto lo Scudetto con la mia maglia, perché la maglia della Roma è disegnata su di me. Viverlo da capitano è stato indescrivibile. Vincere Mondiale e Scudetto sono due sogni, ma per me il primo era lo Scudetto con la Roma. Qualcuno dirà che sono pazzo, ma lo metto un gradino sopra».
Non nasconde gli errori, Totti. Ricorda il famoso sputo a Poulsen: «Ancora oggi non mi rendo conto di aver sputato contro Poulsen. Me ne vergogno, è un gesto brutto». E confessa la tensione accumulata verso Balotelli: «Era giovane, fenomeno, ma arrogante. Pensavo solo che se mi fosse capitato l’avrei mandato in curva». Anche con Colonnese ci fu uno scontro: «Mi disse che Cristian non era mio figlio e non ci ho più visto».
Tra i passaggi più delicati dell’intervista, il rapporto con Luciano Spalletti: «Spalletti secondo me nel 2016 arrivò alla Roma per farmi smettere, assecondato dalla società. Era uno Spalletti opposto rispetto a quello del 2005». Il campione racconta i retroscena della sua uscita: «Un giorno vennero a casa a dirmi che avrei giocato l’ultimo derby. Sapevo che prima o poi avrei smesso, ma mi sentivo ancora bene. Forse in quell’occasione mi ha deluso più la Roma che Spalletti. Avevo detto che avrei giocato pure gratis».
Le parole sono più pesate quando torna al 2017: «Quando ho smesso di giocare mi sentivo senza terra sotto i piedi. Per tre settimane ho pianto tutti i giorni. Ero spaventato, freddo con tutti. Rileggevo in bagno la lettera di addio e piangevo». Il giorno dell’addio all’Olimpico rimane inciso nella sua memoria: «È stato come un distaccamento tra madre e figlio».
Francesco Totti non ha mai lasciato davvero la Roma: il suo nome resta inciso nella storia, come simbolo di un amore che va oltre i numeri e le vittorie. In «Fenomeni», il racconto di una carriera unica trova la sua voce più sincera.
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