
Nicola Pietrangeli è morto a Roma all’età di 92 anni. Primo tennista italiano capace di imporsi su scala internazionale, ha rappresentato a lungo il volto del tennis azzurro nel mondo.
Nella sua carriera ha conquistato due Roland Garros, nel 1959 e nel 1960, diventando il primo italiano a vincere un titolo del Grande Slam. Da capitano non giocatore guidò l’Italia al trionfo nella Coppa Davis del 1976, il primo nella storia nazionale.
Pietrangeli resta ad oggi l’unico tennista italiano inserito nella Hall of Fame del tennis mondiale. È primatista assoluto in Coppa Davis per numero di partite disputate (164), incontri vinti in singolare (78-32) e in doppio (42-12).
Con Orlando Sirola formò il doppio più vincente del torneo e stabilì un modello sportivo rimasto unico nella storia italiana.
In un’epoca senza ranking ufficiale, quando le classifiche erano redatte dalla stampa, Pietrangeli raggiunse il numero 3 del mondo tra il 1959 e il 1960.
Complessivamente ha vinto 66 tornei in singolare e due volte gli Internazionali d’Italia. Tra i risultati più significativi anche la semifinale a Wimbledon nel 1960 e i quarti agli Australian Championships del 1957. Nel 1968 conquistò la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Città del Messico, dove il tennis venne disputato come torneo di esibizione.
Nato a Tunisi l’11 settembre 1933 da padre italiano e madre russa, si trasferì a Roma dopo la guerra e iniziò la carriera agonistica al Tennis Club Parioli. Fu anche calciatore nelle giovanili della Lazio, ma scelse definitivamente il tennis quando la società decise di cederlo.
È rimasta celebre una sua frase: «Certo, se ti fossi allenato seriamente avresti vinto di più!». E lui rispondeva: «Sì! Ma sapeste quanto mi sarei divertito di meno». Era considerato un giocatore elegante, dotato di grande istinto e di un rovescio particolarmente efficace.
Come capitano non giocatore portò l’Italia a vincere la Coppa Davis del 1976 contro il Cile, nonostante le pressioni politiche per boicottare il regime di Augusto Pinochet.
La squadra scese in campo con magliette rosse come segnale simbolico, ma al ritorno ci furono polemiche e mancarono ricevimento e celebrazioni istituzionali. L’anno successivo, dopo la sconfitta in finale contro l’Australia, venne esonerato dal ruolo di capitano.
Conclusa la carriera agonistica, lavorò come responsabile delle relazioni esterne di un’azienda automobilistica e come commentatore televisivo e radiofonico. Ebbe tre figli dal primo matrimonio e una lunga relazione con la conduttrice Licia Colò.
Foto di copertina: @AUGUSTODELUCA (Flickr.com) / CC BY-SA 2.0
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