Roma, 13 ottobre 2025
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Disturbo primario del linguaggio: lo studio in 14 asili nido dell'VIII municipio, ecco i risultati

Martedì 14 ottobre evento in Campidoglio in occasione della Giornata internazionale per la consapevolezza sul disturbo primario del linguaggio

di Titty Santoriello Indiano ULTIMO AGGIORNAMENTO 2 ore fa - TEMPO DI LETTURA 2'

Bisogna lavorare anche con la scuola e la famiglia per aiutare i bambini che soffrono del disturbo primario del linguaggio (Dpl). Lo dice la Federazione Logopedisti italiani (Fli) secondo cui, a livello nazionale, le difficoltà linguistiche riguardano il 10 per cento dei minori in età prescolare. Una situazione studiata a Roma nell’VIII municipio con la ricerca «Crescere, comunicare, parlare»

Coinvolte 300 famiglie e 14 asini nido

Secondo lo studio, in questo territorio - dove circa 300 famiglie sono state coinvolte attraverso la compilazione di uno specifico questionario - il 10-12 per cento dei bambini tra 24 e 36 mesi risulta «in fascia di rischio per difficoltà nello sviluppo del linguaggio». Il progetto ha interessato 14 asili nido del municipio e ha incluso una formazione online per oltre 50 educatrici, oltre alla restituzione personalizzata via email ai genitori.

«Serve un intervento precoce»

Secondo gli esperti, le evidenze scientifiche associano il Dpl a «un maggiore rischio di disturbi dell'apprendimento, abbandono scolastico, minori opportunità lavorative, problemi di salute mentale dopo i 12 anni e maggiore esposizione a episodi di bullismo». Anche se, rispetto a questo tipo di difficoltà, nel mondo scolastico, c’è ancora poca consapevolezza.

«Molti bambini con Dpl riescono a mascherare le difficoltà nei primi anni di scuola, ma questo non significa che non ci siano» spiega Tiziana Rossetto, presidente Fli. «Al contrario - prosegue - l'assenza di un riconoscimento precoce compromette il loro rendimento scolastico, l'autostima, le relazioni con i pari e la qualità della vita adulta».
«Quando un bambino fatica a parlare o a comprendere istruzioni, spesso si attribuisce il problema a timidezza, svogliatezza o disattenzione - aggiunge Anna Giulia De Cagno, vicepresidente Fli e responsabile del progetto Crescere, comunicare, parlare. «Ma dietro queste difficoltà può esserci un vero disturbo del neurosviluppo, che va riconosciuto e trattato con approcci specifici», prosegue De Cagno.

Giornata internazionale per la Consapevolezza sul Disturbo primario del linguaggio

Del tema si parlerà martedì 14 ottobre in occasione della Giornata internazionale per la Consapevolezza sul Disturbo primario del linguaggio, promossa a livello internazionale da Radld (Raising awareness of Developmental Language Disorder, ndr) e in Italia dalla Federazione logopedisti italiani. L'evento - «Dpl: c'è ma non si vede. Come intercettare ed intervenire nelle diverse fasi della vita», si terrà alla Sala della Protomoteca in Campidoglio dalle 9 alle 15.

Se in Italia un bambino su 14 - circa due per ogni classe - hanno queste difficoltà, il contesto diventa fondamentale: «Non basta agire sul bambino ma bisogna lavorare con la scuola, la famiglia, e nei loro contesti sociali, creando occasioni ricche di linguaggio supportando la comunicazione in tutte le sue forme, favorendo la partecipazione delle persone alle diverse opportunità, in tutte le fasi della vita», precisa Francesca Mollo, referente della Fli.

«Servono più logopedisti nel sistema sanitario nazionale e più risorse»

L'obiettivo della giornata del 14 ottobre - si legge in una nota della Federazione - è proprio questo: «allargare la consapevolezza, condividere esperienze e conoscenze scientifiche, offrire strumenti concreti a istituzioni, educatori, operatori sanitari e famiglie per intercettare le difficoltà linguistiche, intervenire con efficacia e migliorare le traiettorie di sviluppo di migliaia di bambini e bambine in Italia».

La Fli porrà all'attenzione della platea anche un'altra questione che riguarda la carenza dei logopedisti all'interno del Sistema sanitario nazionale e «la scarsità di risorse di risorse» nella scuola.

«Occorre un investimento sistemico su competenze e strumenti per l'intercettazione precoce, ma anche una nuova cultura della comunicazione", conclude la logopedista Manuela Pieretti.
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