La Commissione parlamentare Antimafia ascolterà il giornalista Sigfrido Ranucci, dopo l'attentato avvenuto lo scorso 16 ottobre a Pomezia quando ordigno rudimentale, collocato tra due vasi fuori dalla sua abitazione, ha fatto danneggiato le due macchine del giornalista.
A confermare la convocazione è la presidente della Commissione, Chiara Colosimo: «Ho accolto immediatamente la richiesta di ascoltare Ranucci in Commissione. Non ho fatto pressione perché questo avvenga in tempi brevi e non intendo farlo. Deciderà lui come e quando venire, sapendo che la Commissione lo aspetta».
Intanto proseguono le indagini coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Roma. Il pubblico ministero ha delegato i carabinieri a raccogliere testimonianze tra i residenti della zona.
L’obiettivo è ricostruire con precisione quanto accaduto nelle ore precedenti all’esplosione, avvenuta alle 22:17, e ottenere dettagli sulla fuga dell’uomo incappucciato avvistato nei pressi dell’abitazione pochi istanti prima della deflagrazione.
Il lavoro parallelo degli inquirenti sta analizzando oltre trenta impianti di videosorveglianza, pubblici e privati, acquisiti nei giorni successivi all’attentato.
L’attenzione è rivolta a eventuali veicoli sospetti e alla conferma della presenza di un’auto che si sarebbe allontanata rapidamente dalla scena subito dopo l’esplosione. Gli investigatori ritengono che l’autore dell’attentato fosse a conoscenza degli spostamenti del giornalista, rientrato nella sua abitazione proprio quel giovedì dopo alcuni giorni di assenza.
Il movente dell’attentato appare connesso, con ogni probabilità, all’attività giornalistica di Ranucci, conduttore della trasmissione «Report» in onda su Rai Tre. Le inchieste trasmesse negli ultimi anni avrebbero potuto urtare interessi criminali, aprendo la strada a diverse ipotesi investigative.
Tra le piste al vaglio degli inquirenti figurano quella della criminalità organizzata locale, in particolare le compagini attive sul litorale romano, e quella di frange ultras. Non è esclusa neppure la possibilità di un coinvolgimento di gruppi albanesi, sebbene al momento non vi siano riscontri concreti su un’azione ritorsiva legata ai servizi giornalistici sugli hotspot per migranti di Shengjin e Gjader.
«Io non so chi ha messo quell’ordigno davanti alla mia casa – ha detto Ranucci – ma se il tentativo era quello di zittire me e la mia squadra, ha sbagliato obiettivo». Dopo aver parlato al Parlamento europeo, il conduttore ha ribadito l’importanza della libertà di informazione: «Ringrazio i colleghi, i leader che sono venuti a dare solidarietà, anche di governo. La libertà di stampa significa poter informare correttamente le persone e lottare per consegnare alle future generazioni un mondo migliore. E diffidate dei politici che rispondono poco alla stampa, che scappano: è segno di poco rispetto verso il pubblico».
Ranucci ha poi denunciato il clima di delegittimazione che grava sul giornalismo italiano: «Il nostro è un Paese malato, non possiamo permetterci dei politici che hanno fatto spiare giornalisti per poi eleggerli in Europa o candidarli a presidenti di Regione. Abbiamo il record europeo di giornalisti minacciati e il record mondiale di politici che denunciano i giornalisti. Vi chiedo di difendere il vostro diritto a essere informati». A margine dell’evento, ha inoltre riferito di aver ricevuto una telefonata di solidarietà dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Dal palco è intervenuto anche il leader M5S Giuseppe Conte: «Questa è la piazza della stampa libera. Per una stampa libera ci vuole una politica responsabile, e le istituzioni devono fare in modo di svolgere il loro lavoro. Il partito della presidente del Consiglio dovrebbe ritirare la querela contro Sigfrido Ranucci, e così dovrebbero fare i ministri».
Presente in piazza anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, che ha chiarito: «Non ho mai detto che la bomba l’avesse messa il governo Meloni o che fossero i mandanti. Sui mandanti sta lavorando la magistratura, un lavoro che noi supportiamo e che seguiremo con grande attenzione».
A replicare alle parole di Conte è stato Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia, che ha difeso il diritto alla libertà di espressione e ha aperto alla possibilità di riformare la normativa sulle querele temerarie: «Se qualcuno fa querele fatte apposta per limitare la libertà, deve pagarne le conseguenze. Ma questo non può voler dire che chiunque possa dire falsità consapevoli per danneggiare un altro».
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