Portava ai detenuti i messaggi dei familiari, indagato il cappellano di Rebibbia
- Redazione La Capitale
- 17 gen
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 18 gen
Il parroco più volte, ha affrontato pubblicamente il tema del dramma delle carceri e del sovraffollamento. Le sue ultime parole su Facebook: «In carcere non si incontra il reato ma l'uomo con le sue debolezze»

Avrebbe agevolato i contatti dei detenuti con i familiari ed ora è indagato per favoreggiamento il cappellano che opera al carcere di Rebibbia dal 2029. Padre Lucio Boldrin, 65enne di origine veronese, è accusato di aver consentito ad alcune persone in carcere, in attesa di giudizio, di comunicare con l'esterno.
Perquisita la cappella e sequestrato il pc
Il parroco, in buona sostanza, avrebbe stampato i messaggi whatsapp ed sms ricevuti dai familiari e li consegnava ai detenuti. La notizia dell'indagine in corso della procura di Roma è emersa quando, nella giornata di giovedì 16 gennaio, al cappellano è stato vietato l'ingresso in carcere. Raggiunto, infatti, da un decreto di perquisizione, è stato invitato a recarsi nella direzione del penitenziario mentre gli investigatori hanno perquisito la sua abitazione, gli spazi comuni del carcere, il suo studio e la cappella. Gli inquirenti hanno anche sequestrato il pc del prete, i telefoni e alcuni documenti ritenuti utili alle indagini vietandogli, inoltre, per il momento l'ingresso a Rebibbia.
«In carcere non si incontra il reato ma l'uomo con le sue debolezze»
Padre Lucio Boldrin è un religioso conosciuto nella Chiesa romana che, più volte, ha affrontato pubblicamente il tema del dramma delle carceri e del sovraffollamento. Il prete aveva partecipato anche, nel giorno di Santo Stefano, all'apertura della Porta Santa a Rebibbia a Rebibbia con Papa Francesco. Il suo ultimo messaggio su Facebook risale a mercoledì sera. «Un'altra giornata in carcere dove non si incontra il reato - aveva scritto - ma l'uomo con le sue debolezze, peccati, speranze e delusioni».