
Sabato pomeriggio, tra i rovi di una radura ridotta a discarica a Villa Pamphili, sono stati trovati i corpi senza vita di una donna e di una bambina. Ora c’è la conferma ufficiale, si tratta di madre e figlia. Le analisi del dna, condotte nei laboratori dell’Università Cattolica, hanno accertato il legame di parentela tra le due.
La più piccola, tra i sei mesi e un anno secondo l’autopsia, è stata strangolata. Il suo corpo, nudo e riverso nella terra, presentava segni evidenti di sofferenza: traumi alla nuca, soffocamento e lividi compatibili con percosse. Una morte violenta e atroce, che ora configura un’ipotesi di omicidio aggravato.
Il corpo della madre, nuda e coperta solo da un sacco nero, giaceva a circa duecento metri di distanza. Non presentava ferite evidenti, ma era in avanzato stato di decomposizione. Si ipotizza che sia morta per intossicazione o avvelenamento almeno sei giorni prima della figlia. Gli investigatori ritengono che la bambina possa essere rimasta sola accanto alla madre morta prima di essere uccisa.
Nel tentativo di risalire all’identità della donna, la polizia ha diffuso le immagini di alcuni tatuaggi presenti sul corpo: un surf con un teschio e un disegno floreale. L’appello pubblico ha già prodotto alcune segnalazioni, ora al vaglio degli investigatori. Si stima che la donna avesse tra i 20 e i 30 anni.

Madre e figlia vivevano probabilmente all’interno di Villa Pamphili, in condizioni estreme. Il loro giaciglio, tra i cespugli, conteneva un sacco a pelo blu, abiti da adulta e da bambina, pannolini e un reggiseno nero. Nessuna traccia di un passeggino o di oggetti per neonati.
Le impronte digitali non hanno dato risposte nelle banche dati italiane e sono state inviate all’estero per confronti internazionali. Si ipotizza che la bambina possa essere nata all’estero e che madre e figlia fossero arrivate da poco in Italia.
Un senzatetto ha raccontato di aver visto madre e figlia con un uomo con il pizzetto. Una versione ancora da verificare, ma che fa ipotizzare un contatto diretto con l’assassino. Se fosse attendibile, indicherebbe che chi ha colpito conosceva bene le vittime e il parco, scegliendo tempi e luoghi per agire senza essere visto.
Altre voci, raccolte nel parco, parlano di un uomo visto correre con un fagotto in braccio nelle ore precedenti al ritrovamento della bambina. Anche in questo caso, nessuna conferma dalle indagini. L’assenza di telecamere nella parte interna della villa complica il lavoro degli inquirenti.
Un altro filone investigativo porta a Villa Maraini, il centro per le dipendenze a pochi chilometri dal parco. Qui si curano tossicodipendenti spesso senza documenti ma registrati all’ingresso. Non si esclude che la donna, ancora senza nome, possa essere passata da lì.
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