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Roma «laboratorio criminale». L'analisi della Dia sulle alleanze e nuove strategie operative dei clan laziali

  • Giacomo Zito
  • 28 mag
  • Tempo di lettura: 4 min

La Capitale descritta come un snodo della criminalità organizzata dalla Direzione Investigativa Antimafia: emergenza droga, clan autoctoni e infiltrazioni mafiose al centro della relazione semestrale

dia dda direzione distrettuale antimafia

Roma si conferma anche nel 2024 un crocevia strategico per il crimine organizzato italiano e internazionale.


La relazione della Direzione Investigativa Antimafia su entrambi i semestri del 2024 descrive la Capitale come un «laboratorio criminale» metropolitano, dove mafie tradizionali, clan autoctoni e gruppi stranieri apparentemente convivono.


Questa situazione "atipica" permette alle organizzazioni criminali di adattarsi e radicarsi nel tessuto sociale e urbano romano, sviluppando alleanze e nuove strategie operative. Proprio in merito a questa peculiarità del territorio si è concentrata la quasi totalità dell'analisi dedicata proprio a quelle che vengono definite «altre mafie nazionali», ovvero quelle «organizzazioni criminali mafiose italiane che, sebbene non rientrino nella categoria più ampia delle mafie tradizionali (cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita), costituiscono un fenomeno di criminalità organizzata dal carattere del tutto specifico che a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso si è sviluppato nel Lazio e in particolare nella città di Roma», si legge nel rapporto.


Si parla, in particolare, di gruppi autoctoni come i Casamonica, gli Spada, i Fasciani e i Di Silvio che convivono e operano sfruttando le peculiarità della Capitale, con infiltrazioni in ambito politico, economico e istituzionale.


Il clan Casamonica: autonomo e radicato

Tra i gruppi autoctoni, il clan Casamonica è emerso con particolare rilevanza, grazie alla capacità di infiltrarsi nei settori economico-finanziari e istituzionali. Originatosi dalla migrazione di famiglie rom provenienti da Abruzzo e Molise, il clan ha consolidato il proprio dominio nel quadrante sud-est di Roma (Porta Furba, Tuscolana, Romanina, Anagnina, Spinaceto, Frascati, Grottaferrata, Monte Compatri e Ostia), sviluppando attività illecite quali estorsione, usura, narcotraffico e riciclaggio.


Tra le famiglie giunte a Roma, la Dia sottolinea anche alcune di queste imparentate con gli Spada e i Di Silvio, con cui ci sono anche dei legami economici oltre che parentali. La congiunzione tra i tre clan è stata anche al centro della significativa sentenza n. 1785/2019 della Corte di Cassazione, che ne ha sancito definitivamente la natura mafiosa dell'organizzazione, evidenziando le modalità intimidatorie e il forte controllo territoriale. Connotazione mafiosa poi confermata il 16 gennaio 2024 in un ulteriore sentenza della Corte Suprema di Cassazione in particolare riferimento ai Casamonica.


Litorale romano: l'influenza dei Fasciani e degli Spada

A Ostia, i clan Fasciani e Spada hanno replicato il modus operandi delle mafie tradizionali, dedicandosi a estorsioni, traffico di droga, gestione illegale delle slot machine e intimidazioni finalizzate a condizionare l'assegnazione di alloggi popolari e attività balneari. L'operazione "Nuova Alba" del 2013 e "Tramonto" del 2014 hanno evidenziato chiaramente tali dinamiche, confermando la natura mafiosa del clan Fasciani nel 2019.


Gli Spada hanno rafforzato progressivamente la loro presenza a Ostia, sostituendo il clan Fasciani grazie ad attività estorsive e violente, come dimostrato dalle operazioni "Sub urbe" (2016) ed "Eclissi" (2018), culminate con la conferma della loro matrice mafiosa da parte della Corte di Cassazione nel gennaio 2022. «Il clan Spada - si legge nel rapporto della Dia - ha dimostrato capacità criminali anche nel settore imprenditoriale per lo più orientate al controllo di attività economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, soprattutto in relazione alla gestione dei lidi balneari sul litorale romano».


Clan Di Silvio: egemonia nel basso Lazio

Nella provincia di Latina e nel basso Lazio, il clan Di Silvio si distingue per autonomia operativa e infiltrazioni negli affari locali.


«Sin dai primi insediamenti, risalenti agli anni ‘50 - scrive la Dia - il clan Di Silvio – strutturato su una base piramidale fondante il proprio assetto sui legami di parentela e su collaborazioni con pregiudicati locali – ha progressivamente consolidato la propria egemonia sul territorio. Le operazioni “Alba Pontina” e “Alba Pontina 2” evidenziavano, attraverso la documentazione dei metodi intimidatori tipici del modus operandi mafioso, la strategica spartizione di affari e interessi del gruppo Di Silvio-Travali, configurandola come un’ 'associazione di tipo mafioso di nuova formazione'».


Strutturato su legami familiari e rapporti con pregiudicati locali, il clan ha instaurato collaborazioni anche con mafie tradizionali e gruppi stranieri, controllando settori economici cruciali e causando condizioni di assoggettamento e omertà nella popolazione locale. La loro natura mafiosa è stata ribadita dalla Corte d’Appello di Roma nel 2021.


Emergenti realtà criminali

Tra le formazioni criminali emergenti, pur senza una definitiva qualificazione mafiosa, spiccano i gruppi Gambacurta e Senese. I Gambacurta, radicati nelle zone di Montespaccato, Boccea e Aurelia, sono noti per lo spaccio di droga e reati aggravati dal metodo mafioso.


I Senese, di origine camorrista ma radicati nel Lazio, operano prevalentemente a Tuscolana, Cinecittà e Quadraro, investendo in attività legali come ristoranti e negozi, utilizzati per il riciclaggio.


Il sodalizio dei Senese viene descritto dalla Dia come «una struttura organizzativa mutuata dalle

compagini autoctone criminali del Lazio, rappresentando così un’espressione equilibrata della fusione tra modelli mafiosi tradizionali e realtà criminali locali».


La recente operazione "Assedio" del luglio 2024 ha portato alla luce collaborazioni tra clan come i D'Amico (camorra) e i Senese, implicati nel riciclaggio attraverso il commercio di prodotti petroliferi, con sequestri di beni per oltre 120 milioni di euro.

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