Omicidio Diabolik, le motivazioni dell'ergastolo a Calderon: fu agguato premeditato, ma non c’è metodo mafioso
- Redazione La Capitale
- 3 giorni fa
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Secondo i giudici Fabrizio Piscitelli è stato eliminato per indebolire il suo gruppo criminale rivale. La trattativa saltata per un debito di droga da 300mila euro.

Era stato attirato con l’inganno al Parco degli Acquedotti e colpito con un proiettile alla nuca mentre era seduto su una panchina. Con la sentenza depositata lo scorso 25 marzo, i giudici della Terza Corte d’Assise di Roma hanno condannato all’ergastolo Raul Esteban Calderon per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik”, leader del gruppo di ultrà laziale degli Irriducibili e figura centrale in ambienti criminali romani.
Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Mario Palazzi, Rita Ceraso e Francesco Cascini, l’imputato argentino sarebbe in realtà Gustavo Alejandro Musumeci, killer professionista al soldo dei mandanti Leandro Bennato e Giuseppe Molisso, esponenti di una fazione rivale.
L’agguato dopo il rifiuto di accettare l’orologio
Le motivazioni della sentenza tracciano un quadro dettagliato della premeditazione:
«Plurimi sono gli elementi che depongono per la sussistenza degli elementi costitutivi della premeditazione», scrivono i giudici.
La decisione di eliminare Diabolik sarebbe maturata dopo il rifiuto di Piscitelli di accettare come acconto un orologio – giudicato di valore troppo basso – per un debito da 300mila euro contratto da Alessandro Capriotti, detto “il Fornaro”, nell’ambito di una trattativa per 14 chili di cocaina.
Secondo quanto si legge nella sentenza, «Capriotti manifesta apertamente il rifiuto di pagare e l’intenzione di ammazzare Diabolik», dandogli appuntamento per il 6 agosto 2019, al Parco degli Acquedotti. Non si presenterà, rimandando al giorno successivo, stesso luogo, stessa ora. Ma all’appuntamento del 7 agosto, al posto di Capriotti, si presenta Calderon.
I giudici: «Eliminata figura carismatica e ingombrante»
Per la Corte, il movente non era solo personale: «L’eliminazione di Diabolik aveva l’ulteriore finalità di indebolire la fazione criminale alla quale egli apparteneva». Piscitelli era descritto come una figura «carismatica ma ingombrante», a capo di un gruppo attivo nel narcotraffico e in azioni violente finalizzate alla riscossione di debiti.
I giudici sottolineano come il delitto si collochi in un «contesto di criminalità organizzata» e come l’agguato sia stato orchestrato da più soggetti. «Capriotti non ha agito da solo, ma con il concorso di Bennato e Molisso», scrivono.
Niente metodo mafioso, ma «modalità eclatanti»
L’omicidio, avvenuto in pieno giorno e in un luogo pubblico molto frequentato, aveva tutte le caratteristiche di un’esecuzione. «Tali circostanze – precisano però i giudici – non sono di per sé sufficienti a qualificare la condotta come connotata dal metodo mafioso», pur potendo essere «indizi della sua sussistenza».
Nelle 400 pagine di motivazione si legge inoltre che Calderon è stato identificato come l’esecutore materiale, «il killer che, nel tardo pomeriggio di una calda giornata d’estate del 2019, ha freddato con un colpo alla nuca Fabrizio Piscitelli».
Nonostante l’assenza dell’aggravante mafiosa, la sentenza conferma la natura strategica e simbolica dell’eliminazione di Diabolik. Un omicidio che, secondo i magistrati, mirava a decapitare un gruppo rivale, in una delle più complesse faide criminali degli ultimi anni nella Capitale.