Roma, 23 dicembre 2025
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Frode fiscale nel settore delle telecomunicazioni, arrestato imprenditore a Roma

Contestata un’evasione Iva per oltre 2,5 milioni di euro tramite fatture per operazioni inesistenti e piattaforme digitali

di Giacomo ZitoULTIMO AGGIORNAMENTO 6 ore fa - TEMPO DI LETTURA 2'

Un imprenditore attivo nel settore delle telecomunicazioni è stato arrestato a Roma con l’accusa di aver ideato una frode fiscale finalizzata all’evasione dell’Imposta sul valore aggiunto (Iva).

Secondo quanto emerso, il sistema illecito si sarebbe basato su una fittizia attività di intermediazione di traffico telefonico, il cosiddetto “trading telefonico”, utilizzata per consentire a persone giuridiche residenti in Italia di generare ingenti crediti d’imposta inesistenti da compensare indebitamente con le somme dovute all’Erario.

L’ordinanza e i soggetti indagati

I carabinieri del comando provinciale di Roma della guardia di finanza hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare personale nei confronti del noto imprenditore, attivo da circa trent’anni principalmente nei settori della tecnologia e delle telecomunicazioni.

Complessivamente risultano indagati cinque soggetti, tra cui due residenti in Irlanda del Nord e nel Regno Unito, che attraverso le loro società avrebbero generato fatture per operazioni inesistenti per oltre 60 milioni di euro nell’arco di due anni.

Le indagini e il settore del traffico telefonico

Le indagini, svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma e coordinate dal Dipartimento Frodi e reati tributari della Procura di Roma, hanno acceso un faro su un segmento altamente specializzato del settore delle telecomunicazioni, relativo all’intermediazione del transito internazionale di fonia.

Secondo quanto rilevato dagli investigatori, si tratterebbe di un ambito risultato del tutto incontrollato e difficilmente controllabile, caratterizzato da un elevato livello di tecnicismo e da requisiti minimi per operare, fattori che lo renderebbero terreno fertile per frodi milionarie.

Le piattaforme digitali e il traffico verso lo Zambia

Il meccanismo fraudolento sarebbe stato realizzato attraverso l’ideazione, la predisposizione e lo sfruttamento sistematico di tre piattaforme digitali gestite tramite società di diritto irlandese riconducibili allo stesso imprenditore.

Le piattaforme sarebbero state appositamente concepite per generare fittizi volumi di traffico telefonico, diretti in particolare verso lo Zambia, al fine di fornire un’apparente giustificazione agli elevati importi indicati nelle fatture false. Nell’arco di soli sei mesi del 2021 sarebbero stati fatturati oltre sette milioni di euro, di cui 1,3 milioni di Iva.

Gli accertamenti tecnici

Gli approfondimenti investigativi, condotti anche con il supporto di funzionari specializzati dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), hanno evidenziato come il volume di traffico intermediato verso lo Zambia dalle società coinvolte fosse notevolmente sproporzionato rispetto ai dati relativi all’intero traffico mobile in entrata verso il Paese da parte di tutti gli operatori, come certificato dallo Zicta, l’autorità zambiana equivalente dell’Agcom.

Il ruolo delle società cartiere

La frode fiscale sarebbe stata attuata tramite l’interposizione di società “cartiere” italiane e di altre collocate in Paesi dell’Unione europea.

Le società italiane emettevano fatture con Iva che non veniva versata, mentre la società italiana cliente, fatturando a soggetti comunitari interposti, generava un credito d’imposta successivamente utilizzato in compensazione.

Il danno erariale e le misure interdittive

L’intero sistema si basava su un meccanismo di pagamento che, grazie alla compensazione finanziaria di crediti e debiti operata direttamente dalla piattaforma, consentiva alla società italiana di maturare un credito d’imposta a fronte di pagamenti reali significativamente inferiori.

Il danno erariale complessivo, limitatamente al segmento oggetto di indagine, è stato quantificato in oltre 2,5 milioni di euro, derivanti sia dal mancato versamento dell’Iva per circa 1,3 milioni di euro, sia dalla compensazione indebita di circa 1,2 milioni. Nell’ambito dell’operazione è stata inoltre disposta una misura interdittiva nei confronti di un altro soggetto, amministratore della società che ha utilizzato la piattaforma e imprenditore nel settore dei call center.

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