
Roma accoglie le ultime tappe del tour di Carmen Consoli dal titolo Amuri Luci, emblema delle radici ben salde in terra sicula e di cui, da 30 anni, è diventata uno dei simboli più internazionali.
Stasera 29 dicembre ci sarà l’ultimo concerto della tournée della cantautrice catanese all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, dopo che ieri sera ha esordito nella Capitale di fronte a una Sala Sinopoli gremita di ascoltatori attenti. Perché quelli di Consoli non sono fan nel senso contemporaneo del termine, non vanno in visibilio ad ogni gesto, a prescindere. Il pubblico di Consoli pesa ogni parola con attenzione. La giudica, la sviscera, e si concede il lusso della mancanza di analisi quando il siciliano domina la canzone.
Ma oltre alla sacralità semantica, c’è il motore della musica e della voce drammatica di Consoli che fa tremare i ventricoli e le sinapsi del pubblico.
Tradizione anzitutto.
Ho registrato con una chitarra della mia trisavola. Appesa al muro da decenni, ha deciso che era il momento di cantare
Così spiega in un’intervista di presentazione dell’album che mette già in guardia l’ascoltatore. Tradizione è anche l’uso della lingua - non del dialetto - siciliano, che non è un’esaltazione delle radici chiuse italiane ma un inno alla collaborazione tra popoli. Ecco che l’eclettismo di diverse lingue - greco antico, latino e arabo - si interseca con il messaggio di base che in un periodo di guerre come questo, è più necessario che mai. Canzoni impegnate e non impegnative, rompono il tabù della musica che prende posizione: il caso di Parru cu Tia insieme a Jovanotti con le immagini di Portella della Ginestra, accostate a quella marea umana delle manifestazioni per Gaza.
L’album Amuri Luci, tutto in lingua sicula con intermezzi di featuring del calibro di Jovanotti, Mahmood e Leonardo Sgroi, è solo un altro esempio di una tendenza contemporanea della canzone autoriale siciliana a rompere i confini isolani e guadagnarsi uno spazio rilevante nel panorama nazionale.
In tal senso l’ampio seguito in programmi nazional popolari come X factor di cantautrici catanesi come Anna Castiglia prima e l’ultima, forse più amata, finalista Delia, sottolineano questa tendenza anche tra le giovani generazioni.
In un orizzonte musicale che conferisce alla parola un ruolo marginale, ignorando che c’è ancora uno zoccolo duro di pubblico che amava la scuola genovese e che ora è alla stremata ricerca di una rappresentanza cantautorale, ecco che la Sicilia viene in soccorso. D’altronde anche Garibaldi salpò da Genova in direzione Sicilia per unificare l’Italia…
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