Poeta della Serra intitola tre vie a Ilaria, Giulia e Laura: «Non posso cambiare le leggi, ma posso cambiare lo sguardo di chi legge»
- Rebecca Manganaro
- 4 ore fa
- Tempo di lettura: 2 min
Nel centro di Roma compaiono targhe non ufficiali con i nomi di tre vittime, un’azione poetica che diventa denuncia civile contro la violenza di genere

Nel cuore di Roma, tra le ombre antiche dei vicoli del centro, sono apparse tre targhe.
Non sono quelle del Comune, non indicano monumenti o chiese, portano nomi. Solo nomi, ma pesano come pietre: Ilaria Sula, Giulia Cecchettin, Laura Papadia.
Sono le nuove «vie» che il Poeta della Serra ha deciso di donare a tre donne uccise dalla violenza maschile. Tre nomi che diventano memoria pubblica, gesto civile, poesia di strada.
«Scrivo poesie per le città da undici anni – racconta a La Capitale – ma oggi scrivere non bastava. Dovevo ricordare. Dovevo denunciare».
Un gesto nato dal dolore, ispirato da chi resiste
L’idea nasce dopo aver visto un’iniziativa del Movimento Studentesco del Lazio, che aveva dedicato vie simboliche ai morti sul lavoro. «Ho pensato: perché non farlo anche per le ragazze uccise?», dice il Poeta. Così ha creato tre targhe adesive, perfette repliche di quelle ufficiali, e le ha affisse nel centro storico, trasformando le strade in luoghi di memoria viva.
Non senza fatica, «ho dovuto scegliere solo tre nomi. Ma se avessi voluto dedicarne una a ogni donna uccisa, non sarebbe bastata una città intera. E questo dice tutto».

L’odio sotto al post e la voce di chi ha il coraggio di restare
La poesia è un atto d’amore. Ma chi parla d’amore, oggi, rischia più dell’indifferenza, rischia l’odio.
Il post che racconta l’iniziativa, pubblicato sui social, ha ricevuto una pioggia di insulti.
«Cosa non si fa per i like delle donne», ha scritto qualcuno. «Sei uno sfigato. Adesso si che cambierà tutto», ha aggiunto un altro. Commenti amari, sarcastici, pieni di disprezzo. Quasi tutti, fa notare il Poeta, provenienti da uomini adulti.
«Quando si parla di violenza sulle donne, chi ha la coscienza sporca tende a fuggire o attaccare. Ma è proprio lì che dobbiamo restare», afferma il Poeta della Serra.
Eppure, nel fango digitale, qualcosa brilla. Tra i tanti messaggi, spunta un commento che emoziona:
«Ciao, sono la cugina di Sara Campanella. Lei non è tra le targhe che hai affisso, ma ti volevo ringraziare per quello che hai fatto». Non è certo se quella persona dica la verità. Ma non importa. Quel ringraziamento arriva dove deve e dà senso a tutto.
L’arte che non consola, ma risveglia
«Il femminicidio è solo l’ultimo orrore. La violenza inizia molto prima: in uno sguardo, in una parola, in un silenzio complice». Il Poeta della Serra, tramite le sue «installazioni pubbliche», vuole rompere l’abitudine, costringere a guardare. «Io non posso cambiare le leggi. Ma posso provare a cambiare lo sguardo di chi legge. Posso costringere a fermarsi, anche solo per un attimo, davanti a un nome». E in quell’attimo, forse, nasce un briciolo di consapevolezza, di responsabilità, di cambiamento.
