Disturbi alimentari, aumentano nei giovani: solo al Bambino Gesù del 64%
- Redazione La Capitale
- 10 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 11 mar
Un dato allarmante sui disturbi alimentari che si inserisce in un quadro nazionale che preoccupa visti i dati del ministero della Salute che raccontano che l’aumento dei casi in Italia è stato del 35 per cento

Sono i pazienti più giovani a presentare quadri psicopatologici sempre più gravi. Dal 2019, ultimo anno prima della pandemia di Covid-19, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha registrato un aumento del 64 per cento nelle diagnosi di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna). Un dato allarmante che si inserisce in un quadro nazionale che preoccupa visti i dati del ministero della Salute che raccontano che l’aumento dei casi in Italia è stato del 35 per cento. Tra le patologie più diffuse ci sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da alimentazione incontrollata, il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo (Arfid) e altre forme non altrimenti specificate (Nas).
Disturbi alimentari, dal Bambino Gesù: «Fenomeno preoccupante»
Questi numeri emergono dai dati aggiornati dell’ospedale, diffusi in occasione della Settimana del Fiocchetto Lilla (10-15 marzo), un’iniziativa dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi alimentari.
«La crescente incidenza dei disturbi alimentari in età pediatrica e adolescenziale è un fenomeno preoccupante», dichiara la dottoressa Valeria Zanna, responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Anoressia e Disturbi Alimentari del Bambino Gesù.
I disturbi alimentari non sono solo una questione estetica e sono tra le patologie psichiatriche con il più alto indice di mortalità. L’anoressia nervosa, in particolare, comporta un rischio di morte 5-10 volte superiore rispetto a quello di coetanei sani. In Italia, i Dna mietono circa 4.000 vittime ogni anno. Se non trattate tempestivamente, anoressia e bulimia possono causare complicanze mediche gravissime, mettendo a repentaglio la vita di chi ne soffre.
Secondo i dati dell’Ospedale Bambino Gesù, dal 2020 l’attività clinica dell’Unità Operativa di Anoressia e Disturbi Alimentari è aumentata del 38 per cento: i day hospital sono passati da 1.820 a 2.420 nel 2024. Impressionante anche il balzo nei nuovi accessi tra i più piccoli (minori di 10 anni e 11-13 anni), passati da 59 nel 2019 a 120 nel 2024 (+103 per cento). Le diagnosi di anoressia nervosa sono schizzate del 154 per cento, mentre quelle di Arfid del 70 per cento, segnale inequivocabile che servono interventi sempre più tempestivi e mirati.
Il ruolo della famiglia e il modello terapeutico del Bambino Gesù
Le principali linee guida nazionali e internazionali per il trattamento dei Dna (Society for Adolescent Health and Medicine, National Institute for Health and Care Excellence - NICE, e Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza - SINPIA) sono concordi: il coinvolgimento della famiglia è essenziale per un esito positivo del trattamento.
L’approccio del Bambino Gesù è multidisciplinare e coinvolge psicologi, nutrizionisti, psichiatri, endocrinologi e cardiologi. «Un recente studio della nostra equipe, attualmente in fase di revisione, ha evidenziato una preoccupante evoluzione dei disturbi alimentari», avverte la dottoressa Zanna.
Per contrastare questa emergenza crescente, il Bambino Gesù ha sviluppato un programma terapeutico su misura, con livelli di intensità e frequenza personalizzati.
Il programma di Alta Assistenza prevede accessi in day hospital con pasti assistiti, monitoraggio psichiatrico e nutrizionale, psicoterapia di gruppo per genitori e pazienti e incontri di psicoterapia familiare. Quando le condizioni migliorano, l’intensità del trattamento diminuisce, concentrandosi sul rafforzamento delle risorse individuali e familiari.