
Quante macchine a cittadino, quanto servizio pubblico, natalità e distribuzione della ricchezza. Bisogna immaginarsi uno di quei grafici che raccontano l'andamento ecologico, civico, architettonico, demografico di una città prendere vita e diventare arte. Ecco la mostra «Roma nel Mondo», presentata questa mattina al Maxxi come primo grande progetto di urbanistica del Dipartimento Architettura del museo.
L’esposizione, a cura di Ricky Burdett, mette in dialogo, in questa sorta di data-art, Roma con altre 17 grandi città del mondo interrogandosi su cosa significhi oggi vivere nella Capitale: se sia una città congestionata o vivibile, estesa o compatta, socialmente integrata o divisa, e quale spazio occupi nell’immaginario globale contemporaneo.
«Nell’anno del Giubileo il Maxxi sceglie di parlare di Roma da una prospettiva inedita, di condividere con i propri visitatori alcune domande e di cercare attraverso questa mostra di individuare le risposte», ha dichiarato Maria Emanuela Bruni, Presidente Fondazione Maxxi. «Un progetto di ricerca ambizioso che punta a definire e ricalibrare lo spazio che Roma occupa rispetto alle altre capitali del mondo».
Dopo di lei Francesco Stocchi, direttore artistico Maxxi, aggiunge: «Roma nel Mondo si inserisce nella programmazione del Maxxi come un progetto chiave di ricerca e di confronto sulle trasformazioni urbane contemporanee. La mostra conferma il ruolo del Museo come piattaforma internazionale capace di leggere Roma in relazione alle altre capitali globali. Un percorso che rafforza la missione del Maxxi come luogo di produzione culturale e di pensiero critico sul presente».
Prende poi parola Lorenza Baroncelli, direttrice Maxxi Architettura e design contemporaneo: «Con Roma nel Mondo il Maxxi si propone oggi di ampliare lo sguardo, adottando dichiaratamente e programmaticamente la lente dell’urbanistica e fotografando con originalità Roma “da fuori”, per poi arrivare a rappresentare il suo stesso, più intimo, Dna».
«Quando il Maxxi mi ha chiesto di curare una mostra su Roma - racconta infine il curatore Ricky Burdett - il mio istinto è stato quello di ribaltare il punto di vista che la pone come Caput Mundi e di collocarla in un contesto globale. I dati raccolti offrono una nuova lettura: quella di un artefatto urbano contemporaneo complesso, socialmente stratificato, esteso e verde, costruito - conclude - su uno dei cardini della nostra storia».
La mostra si sviluppa come una vera sezione urbana articolata in tre capitoli. Confronti globali mette in relazione Roma con metropoli come Parigi, Londra, Berlino, New York, Pechino, Tokyo, Lagos, San Paolo e Mumbai, attraverso quattro dinamiche chiave: spazio, mobilità, ambiente e società. Fotografie d’autore, mappe e visualizzazioni restituiscono una geografia comparata delle città contemporanee, con lavori di Iwan Baan, Olivo Barbieri, Martin Roemers, Francesco Jodice, Giovanna Silva, Armin Linke e Peter Bialobrzeski.
La sezione Roma nell’immaginario del mondo, a cura di Paola Viganò con Maria Medushevskaya, ripercorre lo sguardo di artisti, scrittori e intellettuali che hanno interpretato la città nel tempo. Roma emerge come città dell’ospitalità e della grazia, ma anche come teatro del turismo di massa. È «Patria interiore» per Ingeborg Bachmann, «Città dell’anima» per Lord Byron, metafora psichica in cui tutte le epoche convivono per Sigmund Freud. Tra i riferimenti anche Stendhal, Henry James, Edith Wharton, Vernon Lee, Germaine de Staël e artisti come Giulio Paolini, William G. Congdon, Cy Twombly, oltre alle fotografie di Martin Parr.
La sezione conclusiva, Il Dna di Roma, ruota attorno al più grande modello fisico mai realizzato dell’intero Comune di Roma: 953 tessere in terracotta in scala 1:7.500, che diventano supporto per proiezioni su densità abitativa, reddito, verde urbano, servizi e isole di calore. A completare il racconto, una nuova serie fotografica di Marina Caneve esplora la Roma del quotidiano, lontana dall’immagine da cartolina, rivelandone il dietro le quinte urbano e naturale.
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