
Un’organizzazione strutturata e ramificata che opera sotto la copertura della beneficenza anche nel cuore della Capitale. È questo il quadro che emerge dall’inchiesta che ha portato allo smantellamento di una presunta «cellula italiana di Hamas», al centro di un’operazione congiunta di Digos e Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Genova.
Secondo gli inquirenti, il gruppo avrebbe operato su più livelli e in diverse aree del Paese, utilizzando canali apparentemente leciti per sostenere economicamente il movimento islamista palestinese.
Uno dei punti chiave dell’organizzazione si trovava a Roma, in via degli Aceri, a Centocelle. Un indirizzo apparentemente anonimo che, secondo l’accusa, sarebbe diventato un centro operativo per la raccolta di fondi.
Le somme venivano presentate come donazioni umanitarie, ma avrebbero avuto, in realtà, una destinazione diversa. Il finanziamento di Hamas. Un meccanismo che sfruttava la fiducia dei donatori e la sensibilità verso cause solidali.
Figura centrale per il territorio romano e per l’intero Centro-Sud sarebbe stato Abu Omar, indicato dagli investigatori come referente operativo della rete. L’uomo è un ex dipendente dell’associazione ABSPP ODV, formalmente impegnata in attività di solidarietà.
Proprio questa associazione è considerata dagli inquirenti uno dei principali canali di raccolta utilizzati per convogliare il denaro verso Hamas. Abu Omar, secondo la ricostruzione della Procura, avrebbe svolto un ruolo strategico nel coordinamento delle attività e nella gestione delle somme raccolte.
Il sistema, descritto come semplice ma efficace, prevedeva una gestione accurata del denaro. Le somme raccolte venivano annotate e registrate con precisione, per poi essere consegnate a Sulaiman Hijazi, altro nome chiave dell’indagine.
A lui spettava il compito di trasferire i fondi a Milano, indicata come snodo logistico e finanziario finale della rete. Da lì, secondo gli investigatori, il denaro avrebbe preso la strada dell’estero.
Secondo la Procura, l’attività si sarebbe protratta nel tempo grazie a una rete di contatti distribuiti sul territorio nazionale e a una gestione attenta dei flussi finanziari, pensata per evitare controlli e destare il minor sospetto possibile.
L’inchiesta mette in luce come strutture associative formalmente legali possano essere strumentalizzate per finalità illecite, rendendo più complessa l’individuazione dei canali di finanziamento del terrorismo.
L’operazione rappresenta un nuovo fronte nella lotta al finanziamento del terrorismo internazionale. Le indagini proseguono per chiarire l’ampiezza della rete, individuare eventuali altri soggetti coinvolti e ricostruire con esattezza il percorso dei fondi.
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