
Il rischio di una possibile archiviazione del caso Pozzi riaccende il dibattito su una vicenda giudiziaria che, a distanza di anni, continua ad avere troppi interrogativi. A lanciare l’allarme è Michel Emi Maritato, consulente di parte nominato dalla famiglia di Gianmarco «Gimmy» Pozzi, il 28enne romano morto a Ponza nell’estate del 2020.
In una nota diffusa oggi, Maritato parla di una situazione che va oltre il dolore privato: «Il rischio di vedere archiviato il caso di Gimmy Pozzi, giovane uomo la cui morte resta ancora avvolta da gravi ombre, rappresenta non solo una ferita per la famiglia, ma una sconfitta per lo Stato di diritto».
Secondo il consulente, la vicenda presenta ancora «interrogativi irrisolti» e «zone grigie» che non possono essere affrontate con una chiusura rapida del fascicolo. «È una vicenda che continua a porre interrogativi irrisolti, zone grigie che non possono essere liquidate velocemente e senza ulteriori approfondimenti», sottolinea Maritato, aggiungendo: «In queste ore decisive, la richiesta della famiglia è semplice e insieme lacerante: non spegnete la luce sulla verità».
Nel mirino dell’appello c’è direttamente il ministro della Giustizia Carlo Nordio. «Siamo davanti a un caso che presenta elementi che non possono essere sepolti sotto il silenzio burocratico», afferma Maritato, secondo cui «l’archiviazione sarebbe un insulto alla memoria di Gimmy e alla dignità dei suoi cari».
Da qui la richiesta formale: «Chiedo ufficialmente al ministro Carlo Nordio di riceverci: lo Stato ha il dovere morale ed etico di ascoltare la famiglia Pozzi».
Nelle carte del procedimento, sostiene il consulente, restano aspetti che meritano ulteriori approfondimenti. «Nelle carte del procedimento restano passaggi non chiariti, dinamiche non pienamente indagate, testimonianze da approfondire e incongruenze che non possono essere ignorate», spiega, ribadendo che la famiglia chiede «una cosa sola: che non si chiuda un fascicolo finché tutte le domande non abbiano ottenuto risposta».
Maritato conclude con un interrogativo che chiama in causa le istituzioni: «Se lo Stato non tutela chi chiede giustizia, allora chi resta?». E aggiunge: «Le persone non possono sentirsi abbandonate. Il caso Pozzi non è solo un dossier giudiziario: è un appello alla coscienza della Repubblica».
L’ultimo appello è diretto ancora una volta al Guardasigilli: «Non chiediamo privilegi, chiediamo ascolto. Il caso Pozzi non può essere archiviato nel silenzio. Per Gimmy, per la sua famiglia, chiediamo giustizia e verità».
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