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Gasperini verso la Roma, tutti gli indizi portano a lui

  • Immagine del redattore: Rebecca Manganaro
    Rebecca Manganaro
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Dopo mesi di attesa e silenzi strategici, il tecnico saluta l’Atalanta e si avvicina alla panchina giallorossa. Il progetto Friedkin riparte da un’idea forte, ma la piazza resta divisa

gasperini

A Roma c’è silenzio. Di quelli pieni di significato, che anticipano qualcosa di grosso. Dopo mesi di voci, mezze conferme e attese infinite, la strada sembra tracciata: il prossimo allenatore della Roma potrebbe essere Gian Piero Gasperini.


I Friedkin, come sempre, non parlano. Decidono. E stavolta, dopo una stagione piena di salite, sembra proprio che abbiano scelto l’uomo a cui affidare il rilancio. Uno che in carriera ha parlato più con i fatti che con le parole. Che ha fatto crescere l’Atalanta portandola dove nessuno immaginava. Ora, davanti a lui, c’è una sfida più grande: far innamorare Roma.


Gasperini, addio a Bergamo e sguardo verso il Colosseo

La fine di un ciclo è sempre un momento delicato. A Bergamo si chiude una storia lunga nove anni. Non solo risultati, ma un’identità. Gasperini lascia l’Atalanta da protagonista, con una Champions League appena conquistata e un gruppo che lo ha seguito fino all’ultimo secondo.


Roma, però, è un’altra cosa, è un mondo a parte. È passione, aspettative, pressione continua. E forse proprio questo lo affascina. Perché se c’è una città dove puoi lasciare un segno vero, quella è Roma. A fare da garante morale, dietro le quinte, c’è Claudio Ranieri. Uno che conosce la piazza come nessun altro e che, secondo più di una voce, avrebbe spinto per questa scelta.


Una piazza da conquistare, non da gestire

Gasperini sa che l’accoglienza non sarà tutta in discesa. Lo striscione apparso all’esterno dell’Olimpico prima di Roma-Milan, «Rispettate la nostra storia, non portate quella m**** di Gasperini a Trigoria», non è un dettaglio, ma un segnale. A Roma certe parole restano, certe frasi pesano.


Nel mirino ci sono alcune dichiarazioni passate che non sono piaciute ai tifosi, soprattutto quelle legate al caso N’Dicka. Il 18 marzo 2024, il difensore si accasciò in campo per un malore, partita sospesa, corsa in ospedale. Momenti tesi, difficili. Due mesi dopo, Gasperini, parlando del recupero di Atalanta-Fiorentina, disse: «Purtroppo è successo qualcosa di drammatico e bisogna rendersi conto che non era un codice giallo». Parole che, fuori dal contesto, sono suonate fredde.


Anche Daniele De Rossi, allora sulla panchina della Roma, aveva sollevato dubbi sul calendario, ma senza mai toccare l’episodio in sé. Alla fine, i due si sono chiariti: «Con Gasperini mi sono sentito, tutto risolto», ha detto DDR. Ma nella Capitale il pubblico non dimentica così in fretta.


Dichiarazioni dolci, forse non per caso

Negli ultimi mesi, però, Gasperini ha cambiato tono. Lo ha fatto pubblicamente, senza troppi giri di parole. A marzo, durante la premiazione del Premio Bearzot, ha detto: «Allenare la Roma? A chi non piacerebbe? È una piazza straordinaria, con un pubblico eccezionale. Sarebbe un motivo d’orgoglio».

Non sembrava una semplice frase di circostanza. E in effetti, oggi suona come il primo passo verso Trigoria. Già da settimane aveva ammesso: «Lascio l’Atalanta a fine stagione o nel 2026». L’addio è arrivato.


Una nuova Roma da costruire

Gasperini arriverebbe per cambiare tutto. Gioco, ritmo, mentalità. La sua Roma sarebbe diversa, più aggressiva, più europea. E soprattutto più giovane, perché uno dei punti forti del Gasp è sempre stato quello: far crescere i ragazzi, tirar fuori il massimo.


Ma prima ancora del campo, dovrà conquistare la gente. Non con le promesse, ma con la voglia di stare dentro questa città, capirla, rispettarla. E Gasperini lo sa. Forse è anche per questo che, nelle ultime uscite, ha messo da parte la corazza. Ha mostrato rispetto, interesse, apertura.


Roma ha bisogno di un nuovo inizio, se Gasperini riuscirà a far parlare il campo, come ha sempre fatto, il resto verrà da sé. Perché a Roma ci si fida solo di chi dimostra, non di chi promette.

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