"Bruciamo Tutto" ha manifestato per il referendum di giugno, sull'Altare della Patria durante la Festa della Repubblica
- Edoardo Iacolucci
- 3 giorni fa
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Tre di loro hanno calato dalla balconata uno striscione bianco con la casella del «Sì» barrata da una croce. Altri tre hanno cosparso i gradini inferiori con copie simbolicamente bruciate dei quesiti referendari

Uno striscione bianco con la casella del «Sì» barrata da una croce, calato sull'Altare della Patria. I gradini inferiori nel frattempo con copie simbolicamente bruciate dei quesiti referendari «erose come la nostra democrazia». Il movimento transfemminista Bruciamo Tutto ha messo in atto un’azione di resistenza civile nonviolenta all’Altare della Patria per richiamare l’attenzione pubblica e mediatica sui referendum del prossimo 8 e 9 giugno, oggi pressoché ignorati dal dibattito istituzionale e dai grandi media.
Un’azione simbolica per denunciare il silenzio istituzionale
Alle 14:47 di ieri 2 giugno in onore della festa della Repubblica, sette attiviste di Bruciamo Tutto si sono posizionati presso il Vittoriano.
L’azione è stata ripresa in diretta da un’attivista e interrotta solo momentaneamente dal personale di sicurezza. Nessun intervento delle forze dell’ordine. Le attiviste si sono poi allontanate autonomamente.
Giulia, tra le partecipanti, ha dichiarato:
«Le schede che lanciamo sono bruciate perché la democrazia sta andando in fumo. Votare è un diritto e un dovere: per troppo tempo le persone socializzate come donne non potevano farlo. Oggi è un diritto conquistato, e non ce lo lasceremo togliere. Il silenzio istituzionale e mediatico è un sabotaggio inaccettabile».
Le voci di chi potrebbe essere toccato dai referendum
L’obiettivo dell’azione è portare all’attenzione dell’opinione pubblica le storie concrete di chi sarebbe direttamente coinvolto dal successo dei referendum.
«Vivo in Italia da sette anni - ha raccontato Diana, 38 anni - e se potessi richiedere la cittadinanza potrei trasmetterla a mio figlio prima che diventi maggiorenne e debba affrontare le stesse difficoltà».
«Potrei essere licenziata ingiustamente - ha poi aggiunto M., lavoratrice precaria - e ricevere solo pochi stipendi come risarcimento. Con il referendum, chi sbaglia dovrebbe reintegrarmi, non pagare per lavarsi la coscienza».
«I giovani - ha sottolineato poi Elisa, impiegata nel mondo dello spettacolo - lavorano in condizioni insicure e sottopagate. Denunciare è difficile: rischiamo ogni giorno la carriera. Se il referendum passasse, potremmo lavorare senza vivere nell’ansia».
Infine Marlene, 51 anni, ha aggiunto:«Dopo 32 anni in Italia non ho la cittadinanza perché non ho potuto garantire un lavoro stabile a causa della cura delle mie figlie. Ridurre il requisito a cinque anni sarebbe una conquista enorme per tante persone come me».
Cosa prevedono i referendum dell’8 e 9 giugno
I cinque quesiti referendari riguardano temi centrali per il futuro di milioni di persone:
Cittadinanza: riduzione da 10 a 5 anni del requisito di residenza per ottenere la cittadinanza italiana.
Lavoro: maggiore protezione dai licenziamenti illegittimi, più tutele nei contratti a termine, più potere agli ispettorati del lavoro per combattere sfruttamento e insicurezza.
Bruciamo Tutto, tra affondi al governo e appelli al voto consapevole
Il movimento accusa il governo Meloni e la Rai di ostacolare consapevolmente la partecipazione democratica.
«È gravissimo che rappresentanti delle istituzioni invitino all’astensione», si legge nel comunicato. «È un segnale di una deriva antidemocratica che dobbiamo respingere con forza».
Reddito di Libertà: l’altra battaglia del movimento
Durante l’azione è stato rilanciato anche il tema del Reddito di Libertà, un contributo destinato a chi fugge da situazioni di violenza domestica. Secondo il movimento, il sussidio attualmente previsto è inadeguato.
La richiesta, condivisa da altre realtà della Rete per il Reddito, è quella di un fondo più stabile e accessibile, in grado di garantire reale autonomia economica e protezione a chi vuole uscire da situazioni di abuso.
«Votare "Sì" l’8 e 9 giugno», concludono le attivistə, «significa scegliere un Paese più giusto, sicuro, accogliente. Come in passato, anche oggi il cambiamento passa dalle urne. Non lasciamoci togliere il diritto di decidere».