Ecco perché a Roma stiamo tutti tossendo (e non solo gli allergici ai pollini)
- Redazione La Capitale
- 14 apr
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Il problema è legato alla presenza di polveri e sabbia dal deserto che, nella giornata del 14 aprile, ha raggiunto un picco significativo

A Roma sono tornate le polveri del deserto. Nella giornata del 14 aprile la concentrazione di sabbie desertiche - paragonabili alle PM10 - è infatti al di sopra della media, e potrebbe superare nella maggior parte della città il valore limite giornaliero di 50μg/m³. A dimostrazione di ciò c'è il sistema di rivelamento dell'Arpa Lazio sulla concentrazione in media giornaliera di polveri sottili che mostra come, specialmente nella zona a sud e a est di Roma, le stesse siano più persistenti.
Oltre a ciò, dopo la lieve pioggia della mattinata, sono testimoni dell'arrivo della sabbia anche le auto e i mezzi in città, coperti dalla solita patina giallognola che principalmente tra fine inverno e inizio primavera è solita bersagliare la città.
Le sabbie desertiche e l'allergia
Un ulteriore disturbo alle vie respiratorie si aggiunge quindi alla stagione delle allergie. Per chi ne è affetto, la giornata potrebbe essere ancora più complessa a causa della concentrazione media prevista dal servizio sperimentale di previsione pollini di 3b Meteo, di pollini di frassino, orno e oleacee.
Bassa, invece, è la concentrazione di graminacee, cupressacee ma anche betulacee, ontano, betulla, urticacee e chenopodiacee. Tutti gli altri pollini, infine, risulterebbero invece assenti.
La sabbia del deserto e le PM10
Molto più leggeri dei granuli che siamo abituati a vedere sulle nostre spiagge, la sabbia desertica viene facilmente spinta dal vento di scirocco che in questi giorni sta imperversando su tutta la regione e che, insieme a tosse e starnuti, ha portato temperature più calde e afose. Quando vengono trasportate dal vento e si riversano in città, questi granuli tendono ad aumentare notevolmente la concentrazione di PM10 nell'aria.
Con PM10 si intendono le polveri fini (ma non ultrafini) con diametro aerodinamico inferiore a 10 µm (cioè dieci millesimi di millimetro), possono essere inalate e penetrare nel tratto superiore dell'apparato respiratorio
Come ricorda l'opuscolo informativo dell'Arpa, le sabbie sahariane non sono però tanto gravi quanto le particelle più piccole come le PM2,5 e le ultrafini che invece riescono a raggiungere anche i bronchi e gli alveoli, potenzialmente entrando nel flusso sanguigno.
Queste polveri, provenienti sia da fonti naturali come sabbia, pollini e incendi boschivi, sia da fonti umane come traffico e riscaldamento domestico, aumentano di solito nei mesi freddi e, oltre a irritazioni acute, possono provocare effetti cronici su cuore e polmoni, soprattutto nei soggetti già fragili.