Awdah, l'attivista di «No other land» ucciso in Cisgiordania, veniva una volta l'anno a Roma per parlare di pace
- Edoardo Iacolucci
- 1 giorno fa
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Il colono israeliano Yinon Levi ripreso in un video mentre spara. A Roma il ricordo dell’assessore Smeriglio e del figlio Iacopo

È stato ucciso a colpi di pistola Awdah Hathaleen, 38 anni, attivista palestinese e giornalista che aveva contribuito alla realizzazione di «No Other Land», documentario vincitore dell’Oscar 2024. L’omicidio è avvenuto il 28 luglio nel villaggio di Umm al Khair, sulle colline a sud di Hebron, e ha scatenato una nuova ondata di proteste contro la violenza dei coloni in Cisgiordania.
L’attacco è stato ripreso in un video in cui si vede il colono Yinon Levi sparare con una pistola verso gli abitanti del villaggio. Levi, già inserito nella lista delle sanzioni Usa sotto la presidenza Biden (poi rimosso da Donald Trump), è stato fermato dalla polizia israeliana per essere interrogato e successivamente rilasciato agli arresti domiciliari, mentre le indagini sono ancora in corso.
Chi era Awdah Hathaleen
Hathaleen era un insegnante di scuola elementare, padre di tre figli e figura di riferimento per la resistenza nonviolenta palestinese. Credeva nella giustizia, nella libertà e nel dialogo con la comunità internazionale, collaborando anche con gruppi di israeliani contrari all’occupazione.
Il suo impegno lo aveva portato più volte in Italia, dove partecipava a progetti di scambio culturale. Proprio il villaggio di Umm al Khair, dove è stato ucciso, è lo scenario principale del documentario «No Other Land».
Il ricordo a Roma di Smeriglio e del figlio Iacopo
La morte di Hathaleen ha commosso Massimiliano Smeriglio, assessore capitolino alla Cultura, che ha pubblicato un messaggio sui social accompagnato da una foto del figlio Iacopo con l’attivista palestinese:
«Quello davanti è Iacopo, mio figlio. Dietro di lui Awdah, in un giorno di pioggia a Roma. Erano amici».
Awdah veniva dalla Cisgiordania, dal villaggio dove è stato girato il documentario «No Other Land» Insieme al regista Basel era arrivato a Roma per la prima volta nel 2022 e da allora tornava ogni anno, portando storie di dialogo, resistenza pacifica e speranza. Insegnante di scuola elementare, padre di tre figli, era un leader non violento che credeva nella giustizia, nella libertà e nella possibilità di costruire ponti tra popoli. Collaborava con comunità internazionali e con gruppi di ebrei e israeliani contrari all’occupazione, promuovendo scambi e progetti educativi.
Solo pochi giorni fa, racconta Smeriglio, suo figlio Iacopo stava lavorando ai permessi per accoglierlo di nuovo in Italia, insieme ai suoi compagni oggi in carcere senza accuse, trattenuti in via preventiva. Ora, il suo corpo è stato sequestrato dalle autorità israeliane e il funerale è stato vietato dall’esercito.
«Ci uccidono una vita alla volta», ha scritto ieri un amico di Awdah, ricordando che dietro ogni numero delle cronache mediorientali c’è una vita spezzata».
Iacopo, in un messaggio personale riportato dal padre Massimiliano Smeriglio, ha voluto lasciare una testimonianza intima: «Oggi a Roma pioveva. Come quel giorno in cui mi hai insegnato. Che nel deserto si vive Per sentire l’acqua Benedizione. Sulla pelle».
«Ci sono ferite più profonde di altre - scrive Smeriglio - che continuano a far sanguinare il cuore». Oggi Roma saluta Awdah, ragazzo gentile, amico della città e simbolo di una resistenza che sceglie la vita anche di fronte all’ingiustizia più feroce.
Funerale vietato
Come accade spesso in casi simili, il corpo di Hathaleen è stato sequestrato dalle forze israeliane e il funerale vietato dall’esercito. Il fatto ha alimentato le critiche delle organizzazioni per i diritti umani, che denunciano l’impunità della violenza dei coloni e la gestione dei corpi delle vittime palestinesi.

L'opera di Laika, «Awdah»
Durante la commemorazione di Awdah Kathaleen, la scorsa notte a piazza Sauli nel quartiere Garbatella di Roma, la street artist italiana Laika ha affisso un nuovo poster intitolato «Awdah». L’opera, che ritrae il volto dell’attivista palestinese ucciso da un colono israeliano nel villaggio di Masafer Yatta, è carica di simboli legati alla causa palestinese e al diritto di resistere. «Ho voluto rendere omaggio, a modo mio, a una persona straordinaria che ha difeso la propria terra pagando con la vita» ha dichiarato l’artista, denunciando anche «il silenzio dei governi europei» e «la sistematica cancellazione di un intero popolo».
Accanto a lei, l’amica e attivista Micol Meghnagi ha ricordato come perfino la commemorazione in Cisgiordania sia stata vietata, privando i palestinesi «della dignità anche da morti».