Fecondazione assistita, cresce il consenso. Dal San Filippo Neri: «Oggi gratuita, segno di cambiamento culturale»
- Anita Armenise
- 3 giu
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 4 giu
Pioniere della pratica eterologa a Roma è il San Filippo Neri, l'unico ospedale che mette a disposizione della popolazione questa pratica in modo completamente gratuito nel centro e Sud Italia

Cresce il consenso degli italiani verso la fecondazione eterologa, e con esso si rafforza anche l’attenzione delle istituzioni verso una pratica sempre meno controversa e più percepita come una legittima opportunità per realizzare il desiderio di genitorialità. Pioniere della pratica eterologa - cioè la fecondazione assistita con gameti donati da persone esterne alla coppia, che ha un percentuale di successo del 50 per cento contro un 20 per cento della fecondazione omologa - a Roma è il San Filippo Neri, l'unico ospedale che mette a disposizione della popolazione questa pratica in modo completamente gratuito nel centro e Sud Italia.
È quanto emerge dal 37º Rapporto Italia dell’Eurispes, presentato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, secondo cui quasi sei italiani su dieci (59,7 per cento) si dichiarano favorevoli alla fecondazione eterologa, con picchi che superano il 70 per cento tra i laureati under 35. Un aumento netto rispetto al 2021 (57,5 per cento) e soprattutto al 2013, quando il consenso non superava il 40 per cento.

Ma accanto ai dati c’è la realtà delle strutture pubbliche, e tra queste spicca l’ospedale San Filippo Neri di Roma, come detto l'unico centro italiano che, a oggi, offre gratuitamente i trattamenti di fecondazione eterologa a tutte le coppie aventi diritto, senza distinzioni economiche. A confermarlo è la dottoressa Arianna Pacchiarotti, responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita dell’ospedale romano.
Fecondazione assistita, le giovani donne più consapevoli
Secondo Pacchiarotti, un’evoluzione culturale è già in atto, ed è trainata soprattutto dalle donne giovani e istruite: «Sono ragazze under 35, spesso laureate, che vengono da me su spinta delle madri, molto premurose nei confronti della fertilità delle figlie. È un segno chiaro che qualcosa sta cambiando nelle dinamiche familiari». Ma aggiunge: «Il consenso cresce anche tra gli over 60, anche qui tra quelli più istruiti. È riduttivo pensare che siano tutti contrari».
Un nodo resta il disagio maschile: «Le donne sono disposte a fare di tutto per diventare madri, anche accettare l’eterologa. Gli uomini, invece, spesso si fermano. In particolare, quando si tratta di donazione maschile, c’è una forte difficoltà psicologica ad accettare un figlio non biologico».
Mentre sul piano etico «chi si oppone lo fa principalmente per motivi religiosi o culturali», afferma la dottoressa. «Ma parliamo comunque di una donazione, come quella di un organo. Perché allora queste resistenze?». Il vero limite, secondo la specialista, è nella resistenza ideologica più che nei rischi sanitari, che – puntualizza – sono oggi controllati da protocolli rigorosi.
Oltre l’eterologa: nuove generazioni, nuove possibilità
Guardando al futuro, è chiaro che il quadro potrebbe evolversi ancora, come avviene nelle grandi aziende quali Google, Apple, che come strumento di welfare permettono di congelare gli ovociti. «Se queste giovani donne consapevoli congeleranno i propri ovociti in età fertile, potremmo assistere a una diminuzione della necessità di ricorrere alla donazione di ovuli. Apre le porte a questa nuova prospettiva che è quella del social tracing, cioè congelare gli ovociti per una maternità futura», osserva la dottoressa.
In un Paese in cui la genitorialità è sempre più un progetto consapevole e plurale, la fecondazione eterologa si afferma come uno strumento potente ma ancora troppo condizionato da fattori economici, geografici e culturali. Eppure, come sottolinea Pacchiarotti, «non è più una questione politica. È diventata una questione umana, trasversale. Un cambiamento culturale reale, che non guarda più a destra o a sinistra, ma alle persone».