Storie ai margini, un giorno allo sportello sociale di Unione Inquilini: «Otto sfratti al giorno. Ecco le loro storie»
- Edoardo Iacolucci
- 7 feb
- Tempo di lettura: 5 min
Ogni giorno, allo sportello di Unione Inquilini di via Cavour 101, emergono storie di sfratti e precarietà abitativa. Mahmuda, madre single con tre figli, Gerawork, rifugiata politica, e Kamel, padre con un figlio disabile, sono solo alcuni dei volti di questa emergenza sociale

Allo sportello di Unione Inquilini in via Cavour 101, Silvia Paoluzzi, segretaria del sindacato, insieme ai suoi colleghi ogni giorno riceve persone che sono sotto sfratto. Di ogni provenienza di ogni età.
Le storie allo sportello di Unione Inquilini
Ci sono storie complicate, di speranze spezzate e di lotta per avere un tetto sotto cui dormire. Come quella di Mahmuda, madre single con tre figli senza un tetto da oggi e quella di Gerawork Moges, nata ad Addis Abeba 50 anni fa ma a Roma da 23 anni.
Tiburtina, Gerawok Moges

È qui in asilo politico: «In Etiopia c’è la guerra ed è per questo motivo che ho ottenuto l'asilo politico». Vive a via Tiburtina, ma al cambio del proprietario dell'abitazione in cui si trovava in affitto, contestualmente perde il lavoro: «Ho pagato l'affitto con contratto regolare per 17 anni. Ho fatto qualsiasi tipo di lavoro, ma da luglio ho perso il lavoro... e ora sono sotto sfratto. Quando andrò via di casa non so dove andare... hanno fissato lo sfratto per il 13 gennaio. Invece, quel giorno non sono venuti, poi mi hanno mandato un'altra lettera. Adesso io non so cosa fare, davvero non lo so.
«Dove vado? Dove vado?» domanda un po' preoccupata: «Non voglio fare come quelli che occupano le case, non voglio farlo. Io ho diritto o no?
Gerawork aveva richiesto al Comune una casa: «Nel 2011 ho fatto richiesta. Ma loro mi hanno detto che non c'era nulla a mio nome. Sono in graduatoria...».
«Ci sono 8 sfratti al giorno a Roma. Adesso - spiega Paoluzzi - le staremo accanto di passo in passo per assicurarci che il linea con il suo asilo politico, ottenga una casa in cui poter vivere».
Piazza della Radio, Kamel El-Sayes

Dopo Gerawork, arriva Kamel. Altro nome, altra storia, ma stesso destino: lo sfratto incombe come una spada di damocle sulla sua testa. Viene dall'Egitto e vive a piazza della Radio: «Io ho un figlio disabile al 100 per cento, io sono un valido il 60 per cento». Karim El-Sayes, suo figlio convive da anni con la sclerosi multipla. Ma ha sempre trovato il modo di far parte della comunità, sia col volontariato presso la Croce Rossa che con la Multiple Sclerosis Society: «Credevo che aiutare e sorridere - dice il figlio Karim - potesse cambiare la vita di una persona, anche se quel sorriso appareva strano sul mio viso a causa della mia malattia...».
Ma la malattia fa il suo corso: «Mi ha impedito di lavorare normalmente e mio padre ha perso il lavoro con il Covid. Oggi stiamo attraversando una vera e propria crisi esistenziale. Dopo lo sfratto del 19 febbraio, siamo sull'orlo dell'abisso e abbiamo urgente bisogno di qualcuno che ci aiuti»
Questo non è un problema solo mio. È un problema che devono affrontare molte persone con malattie croniche: «Si tratta di un problema sociale e umanitario che deve essere di urgente preoccupazione per tutti. - spiega il 29enne Karim -. Trascurare non è solo un'ingiustizia individuale, ma un'ingiustizia collettiva. Abbiamo bisogno di un sistema sociale che riconosca i nostri diritti e ci dia la protezione. Di un vero cambiamento e di soluzioni innovative che garantiscano che nessuno venga sfrattato o resti senza casa a causa della sua malattia o delle sue condizioni economiche»
Il 19 febbraio è arrivato quindi lo sfratto: «Perché sono moroso - raccorda i fatti, il padre, Kamel -, perché non riesco a pagare. Io ho parlato con il condominio che magari faccio un contratto nuovo, mi scala i debiti, 100 euro ogni mese... che so - pensa tra se e sè -, e aspetto la risposta loro. Ma poi lo sfratto è arrivato il 19 febbraio. E ora non sa dove andare. Sto cercando la casa, mi serve aiuto. Sto cercando la casa che è in linea con la mie piccole entrate. 700, 800, fino a 900 euro, posso pure pagare».
Ma non si trova: «Non la trovo, perché il mio figli curano all'ospedale San Camillo, lì le case sono a 1.200, 1.300 euro al mese ormai». Nella casa di piazza della Radio vive con la moglie e con un altro figlio, mentre Karim è in cura all'ospedale. Per questo Kamel percepisce il sussidio economico della «legge 104», ma non riesce comunque a trovare casa, anche perché ha perso il lavoro, e per gli affitti sono necessarie molto più garanzie di quelle che lui può dare. Non solo parla bene italiano, «io ho la mia vita qua - precisa -. Sto da 42 anni qui» dice con un fondo amaro nello sguardo e continua: «Se non fosse stato per mio figlio, non ci sarei restato in Italia».
Per fortuna Kamel spiega che adesso il figlio è in cura presso la pubblica sanità «È entrato al San Camillo e adesso la sanità è gratis per lui. Prima spendevo 1000, 2000 euro di cure... E ora su questo piccolo grande vantaggio, io vivo e continuo a vivere per combattere per i miei figli».
Da Ostia a Guidonia, Mamhuda A.

La Sos «Sala operativa sociale» adesso si sta attivando per Mamhuda. Arrivata a Roma dal Bangladesh nel 2005, 18enne, ha vissuto anni difficili tra violenze domestiche, separazioni e precarietà abitativa. Dopo la nascita del primo figlio, subisce maltrattamenti dal marito, che finisce in carcere. Nel 2016 viene sfrattata e inizia un percorso tra case famiglia e lavori saltuari nella ristorazione.
Dopo una seconda relazione finita male, resta sola con tre figli. Anche per lei il covid segna la perdita del lavoro e di conseguenza senza casa stabile. Nel 2024 viene sfrattata da un alloggio precario a Ostia e perde punti per l’assegnazione della casa popolare.
Fino ad oggi è stata in una stanza a Guidonia con i suoi figli, senza soldi né aiuto dalle istituzioni. Il figlio maggiore affronta un lungo tragitto per andare a scuola, a Ostia, mentre la figlia più piccola ha problemi di salute.
Da oggi è senza un tetto. Arriva qui allo sportello di via Cavour 101, con tre grandi trolley e altrettanti figli. In cerca una soluzione abitativa, Mahmuda, per ora ha trovato una casa famiglia disponibile dal 12 febbraio. I due operatori «Sos» sono incollati ai loro telefoni in cerca di sistemazione per questi 5 giorni: «Dal Comune non abbiamo cavato nulla per stanotte - spiega Paoluzzi -, ma siamo riusciti, grazie all'intervento del Presidente della Caritas, che ringraziamo, a strappare una sistemazione per le prossime 5 notti». Poi dal 12 febbraio il Comune se ne farà carico alloggiando il nucleo presso una casa famiglia. «La lotta - puntualizza la segretaria sindacale - continua e li accompagneremo fino alla casa popolare perché siamo riusciti a sbloccare anche il certificato per A2 che permetterà al nucleo di rientrare in graduatoria in posizione utile per l'assegnazione a partire dal prossimo dicembre».
Una volta in casa famiglia coi figli, quindi anche i punti in graduatoria saliranno e la vita tornerà, per quanto possibile, serena.