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«Senza respiro»: lo stato delle carceri romane, nel report di Antigone

  • Edoardo Iacolucci
  • 2 giu
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 3 giu

L'associazione per i diritti dei detenuti Antigone ha pubblicato il suo nuovo report annuale riguardo l'anno 2024

ipm casal del marmo
Ipm Casal del Marmo, Roma (La Capitale)

Regina Coeli, Rebibbia e l’Ipm di Casal del Marmo raccontano in microcosmo le crepe di un sistema penitenziario che cresce «un nuovo carcere ogni due mesi», si legge nel report di Antigone sulle carceri italiane, ma non trova spazio né dignità per chi vi è rinchiuso


A Trastevere, Regina Coeli ospita oggi un detenuto e mezzo per ogni posto letto disponibile (187 per cento di affollamento), piazzandosi fra i dieci istituti più stipati d’Italia.  Anche i complessi di Rebibbia arrancano: la sezione femminile sfiora il 138 per cento mentre la Nuova Casa circondariale tocca picchi del 133 per cento nei giorni di massima capienza. L'associazione per i diritti dei detenuti Antigone - nel suo nuovo report annuale riguardo il 2024 - avverte che la curva nazionale cresce al ritmo di «un carcere medio in più ogni sessanta giorni», e nella Capitale l’effetto imbuto è immediato: l’80 per cento degli ingressi arriva in custodia cautelare, spesso per reati minori, con permanenze brevi ma devastanti per la tenuta quotidiana.


Quattro suicidi in un anno: l’altra faccia della cella

Affollamento significa anche disperazione. Tra il 2024 e i primi mesi del 2025 a Regina Coeli si sono contati quattro suicidi – secondo solo a Verona e Poggioreale – e 63 tentati suicidi. Il rapporto rileva una correlazione diretta: oltre il 150 per cento di presenze ogni evento critico (gesti di autolesionismo, ricoveri psichiatrici, aggressioni) cresce esponenzialmente. Eppure gli psicologi restano sotto organico e gli educatori, in certi reparti, scendono fino a uno ogni 150 detenuti.


Carceri, percorsi «di respiro» ma a macchia di leopardo

C’è chi resiste. Lo sportello di Antigone effettua quasi 450 colloqui l’anno da Regina Coeli e altre 400 da Rebibbia, offrendo consulenza legale e psicologica gratuita. Nei cortili di Rebibbia Femminile l’associazione Atletico Diritti schiera squadre di calcio e basket, unico antidoto all’ozio coatto per oltre 200 donne.   Ma la presenza di progetti sociali dipende dalla buona volontà delle singole direzioni: bastano i pensionamenti di due educatori per fare sparire corsi e laboratori, mentre il 61,7 per cento del budget penitenziario continua a finire nella spesa per la Polizia Penitenziaria.


Bambini dietro le sbarre e 41-bis sotto lo stesso tetto

Roma ospita il più grande carcere femminile d’Europa, Rebibbia Femminile, dove oggi vivono tre bambini sotto i tre anni insieme alle madri detenute. Il recente "decreto sicurezza” rischia di far crescere quel numero e – paradosso – di consentire per la prima volta il trasferimento punitivo della madre lasciando il figlio nell’Icam (Istituto a custodia attenuata per detenute madri) o fuori dall’istituto.  

Sono 742 le persone detenute sottoposte al regime 41-bis. Di queste, 243 si trovano nelle carceri del Provveditorato Lazio, Abruzzo e Molise.  La Corte Costituzionale ha appena imposto quattro ore d’aria anche per loro, obbligando la direzione a riorganizzare turni e sorveglianza senza nuovi fondi.


Minori in stand-by

Tra il 2024 e il 2025 sono stati numerosi i cambiamenti per la rete degli sportelli in carcere di

Antigone. Ad ottobre 2024 è stato inaugurato un nuovo sportello nell’Ipm di Casal del Marmo, il

primo di Antigone all’interno di un carcere minorile. In questi mesi si è occupato

prevalentemente di questioni attinenti il diritto dell’immigrazione, in relazione all’elevato numero

di minori stranieri presenti all’interno dell’istituto minorile (circa il 70 per cento dei ragazzi detenuti), soprattutto minori stranieri non accompagnati. Non mancano, inoltre, criticità legate

all’affollamento dell’istituto e alle condizioni detentive più in generale.


Le proposte: dalla clemenza ai mattoni

Per invertire la rotta, Antigone chiede un atto di clemenza di 24 mesi per i reati minori: a Roma svuoterebbe centinaia di posti in poche settimane. Invoca inoltre il «numero chiuso»: stop agli ingressi quando l’istituto ha esaurito i posti regolamentari, ribaltando la logica «entra, poi si vede». Sul piano edilizio, bocciati i moduli prefabbricati da cinque metri quadri: servono ristrutturazioni profonde, spazi trattamentali, celle aperte e vivibili.


Il bivio di Roma (e d’Italia)

La fotografia romana non è un’anomalia locale ma la sintesi di un modello penitenziario «custodiale» che fatica a tenere il passo della domanda giudiziaria e, al tempo stesso, taglia su salute mentale, formazione e reinserimento. Regina Coeli è l’icona di una saturazione estrema; Rebibbia quella di un maxi-complesso dove convivono situazioni più disparate tutti in competizione per spazi e personale.


Se nulla cambia – avvertono dall'associazione che si batte per anni per i diritti dei reclusi – nel giro di tre anni il tasso di sovraffollamento nazionale potrebbe ancora aumentare con Roma ancora una volta in prima linea. Il bivio è chiaro: persistere nella logica espansiva, replicando celle e reparti, oppure ridurre gli ingressi inutili, puntare sulla salute mentale, sul lavoro e su percorsi alternativi. Il carcere - ricorda il rapporto - non è un luogo dove si va a morire. Nemmeno di attesa.

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