Scusa Ed: non ho più l’età (boomer in concerto)
- Redazione La Capitale
- 16 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Un viaggio tra musica, nostalgia e nuove abitudini digitali: il concerto di Ed Sheeran a Roma, vissuto tra emozioni, selfie e un leggero disincanto generazionale
di Alessandro Monteverdi

Erano anni che non andavamo con Laura a un concerto. L’ultimo? Dev’essere stato un Coldplay a Torino, poco dopo il 2011: indimenticabile. Ballammo come ventenni per tutto il tempo. Poi, più nulla; ma stavolta, quando Laura ha saputo che Ed Sheeran veniva a Roma, per i miei «tanti anta», mi ha regalato i biglietti per il concerto del 14 giugno, quasi un anno prima. I concerti last minute ormai non sono contemplabili.
Ed ci aveva conquistati nel 2013. Quelle ballate semplici che ti regalano ritmo ed energia, condite di nostalgia, avevano risvegliato qualcosa: voglia di musica sì, ma anche di noi. E così ieri ci siamo andati, pieni di entusiasmo e di aspettative.
Grazie alla moto, parcheggio facile e poi una lunga camminata per arrivare ai tornelli, circondati da giovani fan: qualche cantata estemporanea, addentando un panino con la salsiccia.
Salita la gradinata, troviamo facilmente i nostri posti in Curva Sud (quella preferita). Appena seduti però, lo scenario è chiaro: la musica un contorno al nostro ego, rigidamente da condividere.
Girate verso di noi mamma e figlia che sembrano felici di vederci, un momento di condivisione penso, sino a quando non alzano il telefonino per un selfie con lo sfondo del palco e poi pubblicazione sul social di turno. Ormai lo sguardo è sempre per una telecamera, il filtro della vita.
Intanto, il palco è un’esplosione di luci e schermi. Impressionante e, al tempo stesso, un po’ alienante. Dal vivo, ormai, si guardano più i maxi schermi pieni di animazioni ed effetti speciali, che l’artista, in effetti troppo lontano. Il concerto diventa un video musicale: perfetto per i giovani, un po’ spiazzante per noi.
Non si fuma più, ma si alzano cellulari. Nessuna sigaretta accesa, solo migliaia di led che ricordano le lucciole (a chi?). E poi ci sono quelli che filmano tutto il concerto, dallo stesso angolo, senza mai alzare gli occhi. Anche in questo caso: la vita in uno schermo.
Dieci file più in basso, c’è una ragazza che si alza per prima a ogni pezzo e provoca un effetto domino attorno. Una micro-influencer da stadio. Il fenomeno non è nuovo, c’è sempre stato qualcuno che ha fatto partire la ola. Solo che oggi ha 80 mila follower.
Nel “prato” invece, come è sempre stato, si salta tutto il tempo, perché «chi non salta» anche oggi a Roma, «Juventino è», anzi no, nel senso che il prato non c’è più, è coperto. Siamo diventati «eco-protettivi» o, semplicemente, costa troppo rifarlo ogni anno?
Poi guardi i ragazzetti intorno: hanno tutti speso almeno 100 euro per vedere Ed da lontano. Cantano, ridono, si commuovono: quanta passione. Questa è rimasta la stessa anche se di soldi ne girano di più per una serata di beat che ti fa battere il cuore.
Lì, arriva il momento in cui mi sento un po’ marziano. Perché di tutti quei pezzi, pochi sono quelli che riconosco e rarissimi quelli che fanno battere il mio cuore. Con Laura, ci diciamo: «Ce ne siamo persi parecchi, dei suoi album!» e ci ridiamo su, con la solita costatazione: troppe le primavere che abbiamo passato. Per me, con Guccini, De Gregori, Ligabue, Bruce o i Guns, era diverso: ogni pezzo era un fotogramma della mia vita. Qui, invece, c’è solo una domanda: «Ma che ci faccio io qui?»
Cerco di aiutarmi con Shazam, ma nemmeno lui riconosce le canzoni. Le recensioni dicono che non sempre funziona bene in presenza di eco o troppo rumore live. Deve essere il caso. Un fallimento totale.
Poi finalmente, arriva Perfect. L’unica di Ed che, forse, è anche un po’ nostra: un fotogramma di qualche anno fa. Sentita insieme la prima volta ci ha fatto domandare se ce la potevamo dedicare. La risposta? Ovviamente «No». La constatazione di non essere perfetti l’uno per l’altro, a volte, può aiutare a ritrovarsi.
Tornando a Perfect, stavolta… c’è Ultimo e tu non lo riconosci (non l’hai mai visto, in effetti), ma il nome ti piace. Ti ricorda quel detto: «Gli ultimi saranno i primi»… nel suo caso, ti domandi come è arrivato a Sanremo quest’anno? Alla fine, trovo il coraggio di chiederlo a due ragazzi dietro di me: peccato sono inglesi e la loro risposta è «Who knows?».
Non mi arrendo e quindi ripeto la domanda alla ragazza seduta accanto, italiana doc che mi svela il segreto. Il duetto è bello sì, ma Perfect con Bocelli… altra roba.
Dopo quella, che è la nostra preferita, decidiamo di evitare la bolgia e filiamo via nell’ingorgo che si crea ogni volta che all’Olimpico finisce un concerto come una partita. C’è una novità: siamo circondati da una distesa di van neri Ncc. Sono quelli che hanno portato tonnellate di turisti al concerto e che, già a settembre scorso, hanno contribuito a rendere introvabili i biglietti per vedere Ed. Due domande: il concerto di un grande artista inglese può diventare il motivo per visitare Roma? Quando diventerà comune venire in limousine ai concerti?
In moto, attraversiamo la città e arriviamo al nostro ristorante per un crudo di pesce e un bicchiere di «Grappoli del Grillo», di De Bartoli: riavvolgiamo tutto e ci raccontiamo il concerto ricordandoci di non essere «Perfecti» e «diversamente giovani». Scusa Ed!