«La ricerca è lavoro»: atenei romani in mobilitazione contro la precarizzazione del mondo della ricerca
- Giacomo Zito
- 3 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Manifestazioni e raccolte firme contro l’emendamento Occhiuto-Cattaneo al dl 45/2025. Studenti, ricercatori e docenti oggi in piazza a Roma

Scendono in piazza vestendo le ormai consuete maschere bianche i ricercatori, dottorandi e professori degli atenei romani nel nuovo capitolo di una mobilitazione che, da mesi, si pone in netto contrasto alle politiche del governo sulla precarizzazione del mondo della ricerca. «La ricerca è lavoro» è lo slogan dell'appuntamento di oggi, martedì 3 giugno, con cui il mondo della ricerca - e in particolare chi punta a un futuro nell'accademia - intende sottolineare un concetto tanto banale quanto disatteso dalle ultime trovate del governo.
A proporre l'iniziativa è la Flc Cgil insieme alla branca romana di una rete di docenti, dottorandi e ricercatori di ogni parte d'Italia che intende protestare contro quello che definiscono l'ennesimo attacco del governo al mondo della ricerca, già vittima di una precarietà strutturale che ne disintegra la stabilità, la possibilità di crescita e sviluppo.
Al centro delle contestazioni odierne, ultimo capitolo di un processo d'agitazione permanente dell'Università già avviato alla fine del 2024, sono i 27 articoli che compongono il dl 45/2025 (approvato con voto di fiducia proprio la mattina del 3 giugno), tra cui la modifica ottenuta in fase di conversione con l’emendamento Occhiuto Cattaneo che prevede l'introduzione di due nuove figure contrattuali: 'incarico post-doc' e 'incarico di ricerca'.
«Un provvedimento che non risolve in modo efficace e definitivo le tante questioni aperte nei settori della conoscenza - è il commento della Flc Cgil - a partire dalle misure relative alla precarietà che anzi sono peggiorative, opera drastici tagli al fondo di funzionamento delle istituzioni scolastiche per finanziare misure assai discutibili».
In piazza con i manifestanti l’appello firmato da oltre 2000 tra ricercatori, docenti, dottorandi e figure precarie dell’università. Firme che chiedono un cambio di rotta sul mondo della ricerca, la propria contrarietà al nuovo disegno di legge e un piano straordinario di reclutamento.
Riforme a tappe forzate: l'accusa al governo
Le ragioni della protesta affondano nelle misure annunciate e approvate nelle ultime settimane. Il processo aveva raggiunto una prima soluzione il 7 aprile 2025 quando venne approvato il suddetto decreto (il n. 45 del 2025), recante "Ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026".
In fase di conversione in legge (terminata oggi con l'approvazione finale) è stato quindi inserito dalla Commissione VII del Senato l’emendamento Occhiuto Cattaneo che, secondo quanto accusato dai protestanti, reintroduce - seppur con lievi modifiche - quanto già previsto nel precedente ddl 1240/2024 ma bloccato dalle autorità europee in quanto non in linea con le finalità per l'ottenimento dei fondi del Pnrr.
Di cosa si sta parlando in particolare? La nota della Flc Cgil pone in rilievo il fatto che invece di intervenire contro la precarizzazione, il governo voglia piuttosto agevolarla, senza attuare alcun tipo d'investimento nelle risorse necessarie all'arruolamento di nuove figure. Per farlo accetta di ricreare delle figure simili agli assegnisti di ricerca [i soprannominati 'incarico post-doc' e 'incarico di ricerca', ndr], che nel 2022 si tentò gradualmente di sostituire con contratti più duraturi e tutelanti, andando contro la linea tracciata all'epoca per favorire invece il percorso rivolto alla stabilizzazione dei "pre-ruoli" all'interno delle università italiane.
In sostanza quindi «si preclude - conclude il commento del sindacato - la piena applicazione da parte degli Atenei del contratto di ricerca rischiando di creare ulteriori sacche di precariato in un contesto già fortemente segnato da un’elevata percentuale di personale precario». Una misura che l'Europa aveva appunto già bocciato in uno stop che il governo ha invece eluso, ritirando il precedente ddl in attesa di ricevere l'ok per la nuova erogazione dei fondi.
La risposta, la polemica e la protesta
Il senatore di Forza Italia Occhiuto ha più volte difeso la sua misura, affermando che l'intervento da lui firmato «non toglie nulla a nessuno, semmai aggiunge. Introduce due nuovi strumenti contrattuali, flessibili ma tutelati, pensati per chi oggi è tagliato fuori, per chi resta nell’ombra nonostante il merito. Non precarizza ma rende possibile. [...] La politica ha il dovere di aiutare a immaginare il futuro, non di irrigidirlo. E chi fa ricerca, oggi, ha bisogno proprio di questo: di strumenti, di fiducia, di rispetto. Non di slogan».
Il deputato Antonio Caso, capogruppo M5S in Commissione Cultura, è quindi intervenuto in risposta al collega forzista, commentando che «con questo nuovo emendamento si ritorna indietro a contratti precari senza ferie, senza malattia, senza contributi adeguati. Abbiamo chiesto quindi un impegno per rivedere questa direzione che continua ad alimentare instabilità nella fase pre-ruolo, e per modificare il contratto di ricerca in modo da ampliare l’accesso alle borse Marie Curie anche ai giovani senza dottorato, senza creare nuove forme di precarietà».
Fuori dal Parlamento intanto si continua la protesta. Lo scorso 20 maggio (giorno dell’approvazione dell’emendamento in Commissione) il flash mob di un gruppo di ricercatori è stato accolto con violenza dalle forze dell'ordine, intervenute strappando uno striscione e identificando alcuni manifestanti.
Oggi, 3 giugno, la rete di protesta romana si è data appuntamento a piazza Capranica per giungere davanti a Montecitorio, in una piazza negata alle manifestazioni da un decreto dell'epoca Covid e quanto mai anacronistico al giorno d'oggi.
Dalla piazza sono arrivate testimonianze e interventi del mondo della politica, dal Partito democratico, ad Avs fino al Movimento 5 Stelle, passando per i sindacati e infine il mondo dei lavoratori precari. Sono stati elencati i numeri di questa crisi e le problematiche di un mondo diretto verso la disgregazione, nonché il richiamo alla necessità di portare in una stessa piattaforma le proteste che dal mondo della scuola arrivano alle fabbriche.
«La lotta non si arresta», hanno dichiarato in un comunicato social i manifestanti: «La protesta va avanti per chiedere risorse per il Fondo di Finanziamento Ordinario [finanziamento statale fortemente disincentivato negli ultimi anni, ndr], per il reclutamento straordinario, per il Contratto di Ricerca».